“Io so…come hanno ucciso Pasolini” il libro confessione di Pelosi

Pino Pelosi, meglio noto come Pino La Rana, autore di Io so…come hanno ucciso Pasolini.Storia di un’amicizia e di un omicidio (edito da Vertigo), a quasi trentasei anni dal terribile omicidio di Pier Paolo Pasolini, racconta, senza risparmiare i dettagli scabrosi, come andarono le cose durante la tragica notte tra l’1 e il 2 novembre 1975.

Il 2 novembre gli amici di Pasolini, si strinsero intorno all’anima del loro amico, volata via, si pensò subito, per colpa di quegli stessi “ragazzi di vita” che lui raccontava, giudicata e bollata come quella di un vergognoso omosessuale, e cercarono di ricostruire quanto accaduto sulla scena del delitto. Sergio Citti, sceneggiatore e regista, girò addirittura un superotto che ridimensionava drasticamente la responsabilità di Pelosi sul Lido di Ostia Antica. Nel dicembre del 1976 la Corte d’Appello confermò la condanna di primo grado e Pelosi, all’epoca appena diciassettenne, reo confesso dell’omicidio, scontò nove anni di carcere. Tutto questo per aver ucciso l’amico Pier Paolo. Sì, perché quello che per tutta Italia era il “maestro” Pasolini, per Pino era un buon amico, che lo trattava da pari a pari e gli diceva di avere 53 anni, ma di sentirsene mille e allo stesso tempo anche 17.

Pelosi, dopo l’apparizione di 6 anni fa ad “Ombre sul Giallo”, il noto programma di Franca Leosini, dove disse per la prima volta di essere innocente e ritrattò la versione con cui si era assicurato la prigione, ha deciso di raccontare i giorni in cui conobbe Pasolini e i presunti motivi per i quali lo stesso morì. Riguardo a questi, è inutile cercare di stabilirne il grado di verità, però indubbiamente il racconto di Pelosi ha il merito di svelare alcuni retroscena, taciuti per anni, i cui protagonisti appartengono a quella commistione di malavita organizzata e poteri inarrivabili, che possono disporre della vita umana come meglio credono, solo per sporchi interessi privati. Ciò che ne risulta è la riabilitazione di un artista a trecentosessanta gradi  e di un profeta del nostro secolo come Pier Paolo Pasolini. Atto dovuto da parte di un amico, come si definisce lo stesso Pelosi.