La vita non è in ordine alfabetico come credete voi. Appare… un po’ qua e un po’ là, come meglio crede, sono briciole, il problema è raccoglierle dopo, è un mucchietto di sabbia, e qual è il granello che sostiene l’altro? A volte quello che sta sul cocuzzolo e sembra sorretto da tutto il mucchietto, è proprio lui che tiene insieme tutti gli altri, perché quel mucchietto non ubbidisce alle leggi della fisica, togli il granello che credevi non sorreggesse niente e crolla tutto, la sabbia scivola, si appiattisce e non ti resta altro che farci ghirigori col dito, degli andirivieni, sentieri che non portano da nessuna parte, e dai e dai, stai lì a tracciare andirivieni, ma dove sarà quel benedetto granello che teneva tutto insieme… e poi un giorno il dito si ferma da sé, non ce la fa più a fare ghirigori, sulla sabbia c’è un tracciato strano, un disegno senza logica e senza costrutto, e ti viene un sospetto, che il senso di tutta quella roba lì erano i ghirigori”. Con queste parole Antonio Tabucchi raccontava la sua idea della vita, della difficile condizione di architettare e progettare, della fragilità degli ingranaggi che muovono le nostre storie. Parole tratte da Tristano muore, uno dei testi più belli dello scrittore nato il 24 settembre 1943 a Pisa: la storia dell’agonia del protagonista, quel Tristano, ex partigiano disperato e incattivito dalla malattia, che affida l’unica cosa che gli rimane, i ricordi della sua vita, ad uno scrittore, ripensando con tristezza ed amarezza, sul finire della sua vita, a come l’esistenza sia un incubo pronto a sovrastare tutto.

Oggi, 25 marzo 2012, Antonio Tabucchi, quello scrittore acuto che aveva tracciato così amaramente la conclusione della permanenza dell’uomo su questa terra, ci lascia. È morto all’età di sessantotto anni. Malato di cancro. Così simile, nelle sue fragilità, a quel Tristano di cui aveva scritto qualche anno fa. È morto nella terra che tanto amò, la Lisbona che fa da sfondo ad uno dei suoi testi più celebri, Sostiene Pereira, romanzo del 1994 che narra la storia di un giornalista obeso e cattolico che, durante la dittatura di Salazar, diverrà antifascista. Un amore viscerale per il Portogallo. E per l’attività letteraria di Fernando Pessoa, di cui fu uno dei sommi conoscitori, critici e traduttori.  Ha saputo cogliere le contraddizione e le lacerazione che solo la vita, così come la guerra, sa creare. Moderno Leopardi di un Tristano morente e addolorato. Tabucchi era così. Pervaso da uno spirito attento, indagatore. Un polemista appassionato di politica. Ma soprattutto di vita. Ma “ora Tristano è davvero stanco, non ha più fiato, lo senti, avrebbe voglia di dormire, ma non il breve sonno di un’iniezione, a lungo, come deve essere lungo il sonno che compensi la fatica di aver vissuto”.