Il lato cinefilo di Prince tra regia e recitazione

Il 2016 passerà sicuramente alla storia come uno degli anni più funesti per il mondo della musica. Dopo il doloroso addio a grandi icone mondiali come David Bowie e Keith Emerson, torniamo a piangere una ulteriore celebre scomparsa, quella di Prince, considerato da molti il vero e unico contendente di Michael Jackson per lo scettro di “re del pop”. Prince, così come anche il Duca Bianco prima di lui, non ha dedicato la sua carriera esclusivamente al mondo della musica, ma anche a quello del grande schermo, ponendosi come un artista completo, in grado di spaziare a trecentosessanta gradi nei vari campi artistici.

Il folgorante esordio in veste di attore (e compositore) arriva nel 1984 con Purple Rain, opera prima del regista esordiente Albert Magnoli. Il film, a cavallo tra autobiografia e fiction, racconta la scalata al successo del giovane cantante di colore The Kid, dagli inizi in fatiscenti night club fino al successo con la canzone Purple Rain, da cui prende il nome la pellicola. Il lungometraggio di Magnoli raccolse critiche favorevoli da parte della critica statunitense, specialmente per la sua descrizione violenta e disincantata di una popolazione ai margini della società. Purple Rain, ambientato interamente a Minneapolis (città natale del cantante) valse a Prince la vittoria del premio oscar come “migliore colonna sonora”. Vittoria che consacrò definitivamente il “folletto” del pop a icona mondiale degli anni ’80. Un enorme successo che lo stesso Prince, questa volta anche in veste di regista e sceneggiatore, tentò di bissare nel 1990 con il sequel Graffiti Bridge. Il film, virando sulle più classiche tonalità del musical, non riuscì a raccogliere lo stesso consenso di Purple Rain, e dalla vittoria agli oscar Prince si trovò sommerso di nomination ai Razzie Awards, nelle categorie “peggior film”, “peggior attore”, “peggior regista” e “peggior sceneggiatura”.

Nel 1986, però, prima del passo falso di Graffiti Bridge, Prince si impegnò dietro la macchina da presa per la realizzazione di una pellicola ancora oggi poco conosciuta, Under the Cherry Moon, interpretata dallo stesso cantante (nei panni del gigolò Christopher Tracy) e da Jerome Benton (membro della allora band funk The Time), nel ruolo di due improbabili truffatori il cui scopo era quello di abbindolare e raggirare ricche ereditiere francesi. Il film, ispiratosi nelle tematiche e nelle atmosfere al capolavoro felliniano , riprendeva molto dello stile umoristico di Abbott e Costello (da noi noti come Gianni e Pinotto). Anche in questo caso le cose non andarono particolarmente bene per Prince, collezionando candidature come “peggiore interpretazione”, “peggiore regia” e “peggior canzone originale”. Dopo il fallimento di Graffiti Bridge la strada del cinema fu definitivamente abbandonata dal cantante, fatta eccezione per una breve incursione nel mercato home video con 3 Chains o’ Gold, una raccolta di videoclip musicali tenuti insieme da una esile cornice narrativa.

Nonostante ciò Prince continuò a dare il proprio contributo al mondo della settima arte attraverso quello che sapeva fare meglio, la musica. Divenuta ormai un vero e proprio cult, sua è la celebre colonna sonora del primo Batman di Tim Burton, così come sue sono anche le composizioni di Girl 6 – Sesso in linea e Bamboozled, entrambi diretti da Spike Lee. Il cantante scrisse anche alcune canzoni originali per film come Happy Feet di George Miller e Showgirls di Paul Verhoeven. Passate ormai alla storia sono anche alcune sue brevi apparizioni televisive, come quella nella serie TV americana New Girl (dove presentò in anteprima il brano PretzelBodyLogic) o il divertentissimo incontro con i pupazzi di pezza del Muppets Tonight.