Alice nella Città 2016: Swiss Army Man, Daniel Radcliffe e Paul Dano amici da morire

Il Sundance Festival è da sempre fucina e laboratorio per nuovi talenti del grande schermo, nonché casa di piccole gemme che altrimenti avrebbero faticato a trovare visibilità. Nonostante ciò, il “festival indie” per eccellenza è anche spesso panacea di pellicole indipendenti che promettono molto più di quello che riescono effettivamente a ottenere, finendo per essere così uguali e noiose nella loro voglia di essere diverse a tutti i costi. Uno dei titoli che più di tutti è riuscito a far puntare i riflettori su di sé in questa ultima edizione è stato certamente il controverso Swiss Army Man, diretto da Daniel Kwan e Daniel Scheinert e vincitore del premio per la “miglior regia” nel genere drama. Il film, a causa della curiosa storia alla sua base, è riuscito a creare negli ultimi mesi un vero e proprio caso sul web, venendo ironicamente definito da alcuni come un ibrido fra “Cast Away e Weekend con il morto”. E Alice nella Città 2016 lo ha accolto nel suo programma ricco di anteprime e perle del cinema per ragazzi.

Cadaveri con problemi di meteorismo

La trama di Swiss Army Man è tanto semplice quanto bizzarra: un naufrago (Paul Dano) sperduto su di una misteriosa isola deserta (almeno apparentemente) si imbatte nel cadavere di un ragazzo (Daniel Radcliffe) e, devastato dalla solitudine, decide di prendersene cura. Il dettaglio che ha catalizzato le attenzioni di tutti è stato però un altro: il cadavere soffre di problemi di meteorismo, e non si fa problemi a interrompere il silenzio della desolata foresta con le sue flatulenze. Nonostante la campagna di marketing si sia concentrata proprio su questo assurdo particolare, il trucco lo si scopre dopo circa venti minuti dai titoli di testa. Il corpo senza vita del ragazzo prende magicamente vita e inizia a instaurare una relazione con il solitario e disperato protagonista.

Da questo momento la pellicola prende il binario di una narrazione già vista in altre innumerevoli occasioni: il timido introverso che cerca di spiegare al “diverso” come funziona la vita nel mondo, finendo per capire quanto le convenzioni e i pregiudizi della società siano in realtà gabbie inutili e assurde e, in ultima analisi, finendo per riscoprire se stesso e la propria anima.

Paul Dano e Daniel Radcliffe in Swiss Army Man
Paul Dano e Daniel Radcliffe in Swiss Army Man

Apologia della trivialità e omosessualità latente

Iniziamo col dire che questo Swiss Army Man è una pellicola che, per forza di cose, è destinata a dividere il pubblico, proprio a causa di una personalità così marcata e strabordante ma allo stesso tempo figlia di un cinema indipendente che rischia in ogni momento di sconfinare nella più irritante cultura falsamente controcorrente (“hipster” oserebbero dire alcuni). Fortunatamente i Daniels (così si firmano i due giovani cineasti) riescono a scongiurare questo pericolo attraverso una cura invidiabile per regia e fotografia, aspetti che riescono in parte a mascherare le debolezze della sceneggiatura. In alcuni momenti volutamente imbarazzanti (come la scena della inaspettata erezione del cadavere) è difficile non sollevare un sopracciglio, ma paradossalmente è proprio questa esaltazione del basso e del triviale, dagli escrementi alla più disinibita libertà sessuale, che costituisce il punto di forza di tutta questa folle operazione.

Potremmo addirittura parlare di “apologia del cattivo gusto”, per quanto alcune sequenze riescano a far storcere il naso. La salutare demenza di alcuni episodi, in grado di sublimare la rozzezza e “volgarità” del contenuto con l’ eleganza e perfezione della forma, ci ricordano che siamo biblicamente fango, ma anche e sopratutto gas intestinali. Ma se proprio questo elemento rende il film senza dubbio interessante, la parabola moraleggiante sulla amicizia e sulla scoperta di se stessi non riesce a dire nulla che non sia già stato detto. Impossibile però non citare la meravigliosa colonna sonora composta da Andy Hull e Robert McDowell, in grado di sottolineare efficacemente i momenti più importanti e di fondersi in maniera quasi naturale con le immagini che vengono mostrate.

Daniel Radcliffe in una scena di Swiss Army Man
Daniel Radcliffe in una scena di Swiss Army Man

Un cinema indipendente mai del tutto nuovo

La grande forza e allo stesso tempo il grande limite di una pellicola come questa è quella di risultare spesso fastidiosa quanto affascinante, per il suo continuo e instancabile gioco con lo spettatore. La presenza di tanti temi interessanti, come quello della scoperta del proprio corpo (anche nelle sue “indecenti virtù”, per dirla con De André) e della omosessualità latente, riesce a far emergere il lavoro dei Daniels dal marasma di pellicole indipendenti destinate al dimenticatoio. Rimane un po’ di amarezza però nel constatare che un film così “sregolato” sulla carta non riesca a stimolare lo spettatore sui diversi punti di riflessione citati, se non attraverso un finale davvero sorprendente (questo sì, brillante e originale).

In conclusione, quindi, siate ben consapevoli di quello a cui state andando incontro, e decidete di conseguenza: questo Swiss Army Man potrà piacervi e genuinamente divertirvi, così come potrebbe irrimediabilmente farvi saltare i nervi. Prendere o lasciare.

TRAILER