Cattelan invade il Guggenheim Museum di New York

 

 

Artista irriverente, sfrontato, impertinente, tracotante. Un artista geniale. Maurizio Cattelan ha conquistato l’Italia e l’America grazie alle sue provocazioni. Solo per farsi un’idea, nel 2006 l’artista padovano uscì con un mockumentary, un falso documentario, che lo ritraeva come defunto, con tanto di funerali e celebrazioni che facevano il verso al documentario dedicato a Massimo Troisi nel 1982 sulla sua morte.  Cercare di comprendere Cattelan significa inoltrarsi in abissi profondi, in figure contorte, in manichini di cera che raccontano sempre una verità relativa che si assolutizza. Ora l’opera di Cattelan sbarca a New York per una retrospettiva unica, Maurizio Cattelan: All, dal 4 novembre al 22 gennaio, in uno scenario unico come il Guggenheim Museum, capolavoro dell’architettura contemporanea. Il museo di Frank Lloyd Wright è il luogo ideale per esporre un artista bizzarro e controverso come Cattelan: uno spazio che si struttura intorno all’idea dell’ascesa che ruota intorno alla rampa a spirale che sale, nell’aspirazione del raggiungimento della sintesi estetica dei diversi popoli.

La mostra, curata dal vicedirettore del museo Nancy Spector, offre la possibilità di ammirare centotrenta opere di Cattelan, di cui la più vecchia risale al 1989, a cui si aggiunge un’installazione inedita creata ad hoc per l’occasione e studiata insieme alla curatrice dell’esposizione. Tutte le opere di Cattelan, in versione originale, fatta eccezione per il dito medio di L.O.V.E., impossibile da trasportare, sono presenti in mostra. Un modo per osservare da vicino autentiche imprese di graffiante ironia, da Hitler in ginocchio, al Giovanni Paolo II caduto a terra, fino al cavallo sospeso in aria, al giovane che sbuca tra i libri di una libreria, al suo cadavere nella versione occhi chiusi e occhi aperti, e ai bambini impiccati che fecero tanto parlare.  Artista – provocatore post duchampiano, Cattelan ha saputo giocare con la realtà, rendendola una bizza, un gioco folle, un dissacrante momento di inquietudine da cui partire per riflettere. Profondo conoscitore dell’arte mediatica, ha saputo concentrare su di sé le attenzioni non soltanto degli espositori ma anche del pubblico, facendo sempre discutere delle sue opere, e sbeffeggiando sempre quell’iconica serietà opprimente del mondo reale. “Una risata vi seppellirà” recitava un celebre slogan degli anni ’70.