Cronenberg: il cinema da dentro

Riscrivere l’immaginario di una cultura, quantomeno scardinarlo nei suoi profondi meccanismi, non è un’operazione che molti registi riescono a compiere. David Cronenberg, uno dei maggiori esponenti del cinema postmoderno, va anche otre. Il corpus della sua opera, come una totale riflessione sull’uomo contemporaneo, ritorna continuamente sulle stesse tematiche espandendo e approfondendo le riflessioni su di esse.

Nato a Toronto, Canada, nel 1943, Cronenberg muove i suoi primi passi nel cinema in maniera del tutto indipendente in un sistema produttivo, quello canadese dei primi anni ’70  che gli consente una certa libertà di sperimentazione. Dopo quattro cortometraggi e due lungometraggi per lo più prodotti da case di produzione porno, nel 1975 gira The Parasite Murders (Il demone sotto la pelle) il suo primo film con una regolare distribuzione, anche al di fuori dei confini canadesi. Già con i film dei primi anni settanta, (Il demone sotto pelle, Rabid – sete di sangue, e Brood – la covata assassina), si delineano chiaramente le tematiche che diventeranno il fulcro centrale della cinematografia dell’autore. Il legame con la narrazione di genere diventa subito un elemento costante: l’horror (meglio, quello che da Cronenberg in poi viene definito body-horror), principalmente, in cui si possono iscrivere la maggior parte delle sue opere, da codice narrativo diventa sempre più un atmosfera, involucro molto sottile. Il racconto, o meglio il discorso, supera i confini del genere per andare oltre e raccontare la mutazione dell’uomo contemporaneo.

Con gli anni ’80  Cronenberg si afferma come autore visionario, e attira l’interesse di Hollywood. Dopo Scanners del 1981, e Videodrome del 1983, raggiungerà un pubblico più vasto con l’adattamento, molto personale, del romanzo Dead Zone (La zona morta) di Stephen King, di budget più alto delle produzioni precedenti, e il primo dei suoi film ad essere ambientato negli Stati Uniti. Nel 1986 è la volta di The Fly (La Mosca),  un remake in chiave Cronemberghiana del film del ’58, L’esperimento del dottor K di Kurt Neumann. Il film diviene immediatamente un cult. Nel 1988, di nuovo in Canada, gira Dead Ringers (Inseparabili), con protagonista un Jeremy Irons duplicato. Forse la sua pellicola più elegante, con cui la poetica dell’autore si delinea definitivamente. Gli anni novanta vedono il percorso tracciato dal regista svilupparsi in forme più complesse. Nel ’91 realizza Naked Lunch (Il Pasto Nudo), riscrittura, più che adattamento cinematografico, dell’omonimo romanzo di William Burroughs, profetico esponente della Beat Geneation. Film ambizioso, la cui scrittura durò quasi vent’anni,  e non a caso centrale, sia temporalmente che per importanza, nell’intera opera del regista, tanto da poterlo considerare il più compiuto, il più personale, dove l’universo creato negli anni precedenti trova la propria dimensione nella fusione con quello scritto, descritto e vissuto da Burroughs.

Il Pasto Nudo segna uno spartiacque nella cinematografia di Cronenberg, l’avvenuta maturità, tematica e formale. Avendo compiuto quello che per molti sembrava impossibile, la trasposizione in pellicola di un romanzo dalla scrittura inafferrabile, il percorso del cineasta sembra cambiare, ma non nell’essenza. Un rigore formale sempre più definito caratterizza i film successivi, e i punti di sutura della fusione tra le storie che sceglie di manipolare e il proprio universo diventano meno visibili. M. Butterfly del 1993, (che nel titolo contiene il germe della pellicola girata dieci anni prima) nel suo intimo rapporto con l’opera di Puccini, ne diventa una continua rielaborazioni stratificata. Crash del 1996, è la riscrittura del romanzo omonimo di James G. Ballard, altro esponente della Beat Generation. eXistenZ del 1999, un ritorno alle atmosfere allucinatorie di Videodrome , questa volta prodotte dalla realtà virtuale di un videogioco invece che da un segnale televisivo. Unica sceneggiatura originale di questo periodo di “transposizioni”, e in qualche modo unico ritorno ad una messa in scena più esplicita.

Spider (2002), basato sull’omonimo romanzo di Patric McGrath, A History of Violence (2005), tratto dalla graphic novel di John Wagner, e Easter Promeses ( La promessa dell’assassino, 2007), i primi tre film del nuovo millennio, se pur meno graffianti e diretti, non tradiscono la poetica dell’autore, anzi, come in una continua rielaborazione, certi punti chiave si fanno sempre più intimamente legati al personaggio principale, come in passato lo è stato in Inseparabili o M. Butterfly. Nasce una collaborazione costante con Viggo Mortensen, nuova incarnazione Cronenberghiana, confermata anche dall’ ultimo A Dangerous Metod, basato principalmente sul libro di John Kerr, in concorso alla 68esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. L’opera di Cronenberg si dimostra nella sua complessità una continua riscrittura, rielaborazione, metamorfosi dello stesso organismo (per adeguarmi al suo lessico). Come ho già detto, nel suo svilupparsi, di film in film, la filosofia e la poetica dell’autore evolvono ruotando attorno agli stessi argomenti. Cresciuto in un nord America (intendo includere Canada e Stati Uniti per identità culturale) puritano, alienato dai mezzi di comunicazione di massa, ossessionato dall’idea di controllo, Cronenberg sviluppa da subito, per reazione, con approccio postmoderno, una visione metaforica dell’uomo contemporaneo e della società in cui vive.

Il Virus – la malattia, le immagini, allucinazione: Nei suoi primi film prende gli elementi visivi più vistosi del genere body horror per creare un immaginario simbolico. Pone davanti allo spettatore un sistema apparentemente normale, come il condominio Arca de Il demone sotto la pelle, o un corpo sano per raccontare la degenerazione, la malattia, presente dentro quella normalità. Come un virus, l’anomalia nasce dentro il corpo (anche quando è introdotta dall’esterno), si sviluppa usando il codice genetico dell’organismo ospite per mutarlo e infine distruggerlo dall’interno. Il virus, come metafora, scatena gli istinti umani più primordiali ( come ne Il demone sotto la pelle, Rabid, o Brood ), scardinando l’ordine naturale delle cose. Anche le immagini cominciano a comportarsi come il virus. Come l’immaginario creato dai primi film appare malato, disturbante, così le immagini di cui si nutre la mente di Max, il protagonista di Videodrome, violente e raccapriccianti, diventano il virus che infetta e controlla la propria coscienza. L’immagine virale, l’allucinazione, determina la totale perdita d’orientamento dei personaggi (e dello spettatore), come avviene per le allucinazioni del protagonista de La Zona Morta, eXistenZ, o Spider, fino a provocare anche la perdita dell’identità come ne Il Pasto Nudo. Questo smarrimento degli orizzonti percettivi è una condizione costante per lo spettatore dei film di Cronenberg, diventando quindi non solo tematica, ma anche forma della visione.

Il virus è l’immagine stessa. Ne Il Pasto Nudo la malattia, le allucinazioni, il virus/droga/veleno, trovano la forma più compiuta invadendo lo spazio attorno al protagonista. Bill non cova il virus dentro, ma lo vive in forma allucinatoria come ambiente circostante. Dall’interno il virus contagia tutto il corpo, in questo caso tutto il film. Manipolazione della realtà che ritroviamo anche in Spider, dove viviamo per la durata del film nella costante allucinazione tra inconscio e coscienza del protagonista. Ma l’idea di virus, nella sua mutazione evolutiva si trasforma anche nei tatuaggi e nel codice mafioso che Viggo Mortensen accoglierà per trasformarsi da infiltrato a boss mafioso in La promessa dell’assassino (Percorso inverso del protagonista di A History of Violence).

Il Sesso – pulsione vitale, pulsione mortale: In linea con la cultura underground di cui il suo cinema è figlio, Cronenberg reagisce alle costrizioni di una società puritana. È un parassita, vagamente fallico, a liberare gli istinti sessuali repressi del condominio piccolo borghese de Il demone sotto pelle. La repressione degli istinti non fanno che generare una dimensione anomala e perversa della pulsione sessuale. In Videodrome l’immagine proibita, e l’ossessione per essa porta alla perdita del controllo della realtà. La carne diventa una religione. Il rapporto sessuale viene esteso anche agli oggetti come in eXistenZ (anche se il pod a cui faccio riferimento è più un organismo) o le macchine da scrivere insetto de Il Pasto Nudo. La pulsione è un qualcosa che determina il personaggio nel suo essere, fino anche a determinare il suo totale annullamento. In un altra dimensione il sesso inteso come genere, determina anche l’identità dei personaggi, ambigua molto spesso, come per Bill ne Il Pasto Nudo, o per Renè in M. Butterfly, o addirittura duplice in Inseparabili. Ma in ogni caso il sesso, nelle sue metafore visive, diventa anche la porta per entrare in contatto con il corpo, con il suo interno.

Il Corpo – Fusione, mutazione, morte: Il corpo, e le sue estensioni, gli strumenti, la mente, le macchine, sono gli elementi materici attorno al quale Cronenberg sviluppa le sue trame. L’uomo, ovviamente, nella sua materialità primitiva, la carne. Se nella tradizione cattolica Dio si fa carne e sangue per diventare umano,  nell’universo del regista il corpo subisce la trasformazione inversa, muta per diventare superuomo. La mosca ne è l’esempio più esplicito: Seth Brundle, cogliendo la perfezione della sua mutazione, tenta una fusione ultima con la macchina. Perfezione e perversione coincidono. Il corpo nell’opera di Cronenberg viene sezionato, sviscerato, ferito, mutilato, osservato, trasformato, e idolatrato. In una rappresentazione vicina alla pittura di Bacon, tutto sullo schermo diviene organico, soprattutto l’immagine e l’allucinazione. La carne, nella sua trasformazione (La nuova carne di Videodrome, cioè Videodrome stessa, tumore allucinatorio della mente del dott. Oblivion) o nella fusione con la macchina (come in La Mosca o in Crash, in cui il desiderio di fusione tra uomo e macchina diventa sessuale) si oppone chiaramente contro la Natura, anche se il processo di trasformazione sembra inevitabile e irreversibile.

Il corpo che diventa macchina ma anche la macchina che diventa corpo, organismo come le macchine da scrivere insetto de Il Pasto Nudo, o il Pod organico di eXistenZ che procura giochi allucinatori con l’ausilio di droghe. Per estensione il corpo è anche mente, cervello, organo le cui capacità vengono deformate, alterate in La zona morta e in Scanner. Se il modo di rappresentare il corpo nei primi film ha segnato l’immaginario collettivo e connotato fortemente l’universo cronenberghiano, con Inseparabili assistiamo invece a un ridimensionamento della spettacolarizzazione. Questo non è un cambiamento costante, ma avviene in quei film dove, fuori dal genere fantascientifico, il soggetto e le dinamiche interiori dei personaggi sono più efficaci in una struttura stilistica più armonica. La mutazione profonda, che sconvolge da dentro, il corpo e la società, è legata alla crisi di identità dei personaggi, nella continua messa in scena di un rito di passaggio, doloroso e ineluttabile. La morte, del protagonista, o di una parte, quella infetta come in Scanners o quella sana, come in La promessa dell’assassino, è inevitabile.

 

Da dentro – “Nulla è reale, tutto è Possibile”: La minaccia, come sempre in Cronenberg viene dall’interno. È insita nell’uomo, nell’organismo, nella società. È qualcosa di remoto, primordiale spesso. Per quante forme ha potuto prendere sullo schermo nei film del regista, questo mostro che vuole venir fuori viene dall’inconscio, personale o collettivo che sia. Sembra abbastanza ovvio in effetti, come forse è, il fatto che il prossimo film, A Dangerous Metod abbia come protagonisti le due anime dell’origine della psicanalisi, Sigmund Freud e Carl Jung.

Se però le mostruosità che ci abitano sotto pelle, nei primi lavori dilaniano il corpo per manifestarsi, successivamente diventano allucinazioni. Il mostro che cova dentro è l’immagine stessa, ci mostra Videodrome, l’allucinazione indotta e auto-prodotta. Fino ad arrivare alla rappresentazione compiuta dell’universo interiore del personaggio in Il Pasto Nudo, dove l’ambiente che circonda Bill, una Tangeri da film noir, diventa la macro allucinazione (proiezione della sua mente, ma anche proiezione della sua parola scritta) in cui vive. Non esiste l’allucinazione in quanto tale, l’inconscio di Bill, scrittore che rifiuta di essere scrittore, è il racconto stesso. Una narrazione sempre più soggettiva soprattutto da questa pellicola in poi dove lo stile del regista si fa sempre più raffinato verso una rappresentazione realistica dell’inconscio del personaggio ( come in Spider). Nulla è reale anche se lo intendiamo come tale, da spettatori,nella soggettività del racconto. Dentro il film, all’interno dell’allucinazione, dentro la mente di Cronenberg tutto è possibile.