Dal 16 marzo Joan Mirò rende “surreali” le atmosfere romane

L’incontro di fantasia e di controllo, di oculatezza e di generosità, che forse si può considerare una caratteristica della mentalità catalana, può spiegare, in parte almeno, la base fondamentale dell’arte e della personalità di Joan Miró. Un’arte in apparenza così lontana da ogni schema, così libera e selvaggia, ma anche così pazientemente calibrata, così rigorosa, così simile dunque al carattere stesso dell’artista: introverso, poco espansivo, anche se profondamente gentile, affabile; eppure, nel suo intimo, esuberante per una continua proliferazione di idee, di forme, di sentimenti contrastanti”. Gillo Dorfles, uno dei critici d’arte più acuti del ‘900, delinea, nel suo saggio Preferenze critiche: uno sguardo sull’arte visiva contemporanea, un ritratto acuto ed efficace del pittore catalano.

Per molti Mirò è l’esponente del surrealismo, ma rinchiuderlo in una categorizzazione fin troppo restrittiva sarebbe un errore, poiché, a ben vedere, Joan fu, innanzitutto, l’interprete esclusivo della propria concezione dell’arte. Come molti altri grandi artisti, Mirò iniziò il suo percorso parallelamente ad un’altra attività:  infatti, mentre prendeva lezioni di disegno, perseguiva la strada, indicatagli dal padre, negli studi commerciali.  La vera svolta della carriera artistica di Mirò arrivò nel 1920, quando si stabilì a Parigi. Fu qui che conobbe Picasso e il circolo Dada, che grande rilievo dovette avere nella formazione del gusto dell’oramai ventisettenne artista spagnolo. Dovettero passare altri otto anni, era il 1928, prima che l’esposizione delle sue opere nella galleria Georges Bernheim gli rendesse la giusta fama.  Fu in questi anni che Mirò si impegnò in costanti sperimentazioni artistiche volte a scoprire materiali nuovi, dalla litografia all’acquaforte, alla scultura, alla pittura su carta catramata. Ora Roma è pronta ad accogliere oltre ottanta lavori dell’artista catalano, mai giunti prima nel nostro Paese, tra cui cinquanta olii, terrecotte, bronzi, acquerelli. Mirò! Poesia e luce aprirà i battenti dal 16 marzo per rimanere in esposizione al Chiostro del Bramante fino al 10 giugno. Curata da María Luisa Lax Cacho, la mostra offrirà un percorso volto a rappresentare l’intera produzione artistica del geniale Mirò, ricostruendo addirittura lo studio in cui realizzava le sue opere e concentrandosi maggiormente sull’ultimo periodo della sua attività, dal 1956 fino alla morte nel 1983, quando lavorò e visse a Mallorca.

Un innocente col sorriso sulle labbra che passeggia nel giardino dei suoi sogni”, questo era Joan Mirò per il poeta e sceneggiatore francese Jacques Prévert. Questo era e continua ad essere Joan Mirò per tutti coloro che amano l’arte capace di volare oltre le arditezze tecniche per giungere alla poesia.