Ammore e Malavita, i Manetti Bros. celebrano Napoli con un musical vibrante

Nei film di questa stagione cinematografica c’è una vera riscoperta della napoletanittà in tutte le sue accezioni più forti e vibranti. Fra questi spicca Ammore e Malavita, il nuovo film diretto dai Manetti Bros.,  arrivato nelle sale italiane il 5 Ottobre dopo aver stregato pubblico e critica al Festival del Cinema di Venezia.

Un film unico nel suo genere, capace di far ridere e, allo stesso tempo, emozionare terribilmente. Una moderna sceneggiata napoletana, un musical intenso e inusuale, un racconto sui generis che, nella sua convenzionalità, colpisce nel segno. E con un cast molto variegato che spazia fra Claudia Gerini, Gianpaolo Morelli (in totale stato di grazia), Claudio Buccirosso e Serena Rossi, il film dei Manetti Bros. è un cult annunciato, una ventata di aria fresca per il cinema italiano che, finalmente, riscopre le sue stesse tradizioni.

In un abile gioco di inganni e doppi giochi Ammore e Malavita mette in scena la tragica storia del boss Vincenzo Strozzalone, il quale si finge morto per sfuggire ai sicari di morte di un boss rivale. Ma una giovane infermiera scopre l’assurda verità. Insieme a Ciro, il braccio destro del boss, inizia una fuga disperata fra i quartieri più malfamati di Napoli, per sfuggire alla morte e riabbracciare il l’amore perduto. Corse in auto, sparatorie e ballate romantiche, fanno da sfondo ad una storia intensa ed emozionate di amore, morte e redenzione.

Ammore e Malavita: quando Gomorra incontra La La Land

Raccontare in un film l’ennesima faida criminale che esplode all’ombra del Vesuvio, quando in tv l’effetto Gomorra è ancora molto forte, non è certo impresa facile. I Manetti Bros. invece tentano l’impossibile, una congestione di generi, che permette alla storia di spaziare fra più argomenti, non fossilizzandosi solo sulle faide criminali, ma raccontare gli usi e costumi di una delle città più folcloristiche al mondo.

Napoli è sempre stata vista come la metropoli della criminalità, dell’illegalità, ma anche la città della comicità e dei grandi sentimenti, lo si deve ammettere, e i talentuosi registi non hanno fatto altro che prendere tutte queste caratteristiche, e scrivere una storia di grande impatto visivo in bilico fra tutto ciò che rappresenta Gomorra e tutto quello che rappresenta un musical vibrante e stile. Il risultato è un film didascalico ma divertente, che colpisce per la sua veracità e per la sua grande caparbietà nel raccontare una Napoli che convive con la malavita e i buoni sentimenti.

Un progetto unico nel suo genere

Non è certo la prima volta che i Manetti Bros celebrano la napoletanità, come è successo nel 2013 con Song’è Napule, ma questa volta con Ammore e Malavita si spingono oltre, perché realizzano un film unico nel suo genere, un progetto dalle mille sfaccettare, che è un po’ musical e un po’ crime drama, è un racconto di formazione ma è anche una storia di rivalsa e riscatto sociale, un film a tutto tondo dove la musica fa da collante. Proprio in questa particolarità è insita il successo di Ammore e Malavita. Come accade per i grandi musical americani, in questa ‘chiazzata’ napoletana, i testi e le sonorità neomelodiche, sono la componente necessaria e sufficiente per rendere tale la pellicola. Un espediente che, in questo contesto, crea un precedente.

Il fascino di Napoli fra luci ed ombre

Che sia uno scorcio del lungomare di Pozzuoli o una fotografia dissacrante delle Vele di Scampia, il film riesce nell’intento di far trasparire i due volti di Napoli. Quella dove vige l’amore, la lucentezza dei vicoli e le grandi tradizioni, ma anche la Napoli criminale, quella del contrabbando, dei boss che si fanno guerra, delle sparatorie e dei furti di quartiere.

Due pesi e due misure, due mondi che collidono ma l’uno riesce a sopravvivere all’altro, e la storia di Ammore e Malavita, riesce a delineare in maniera perfetta questa doppia linea che attraversa tutta la provincia di Napoli, e rivive sia attraverso le storie di Ciro e dell’infermiera Fatima, ma anche attraverso quelle di Donna Maria e Don Vincenzo. La realtà dei fatti è questa, è un bene far trasparire i due lati della medaglia, le luci e le ombre di una città densa di tradizioni ma da tempo stessa dissipata e disgraziata.