È bastata la breve sequenza del deragliamento di un treno militare, unita a due nomi, J. J. Abrams e Steven Spielberg, a creare il mito prima ancora dell’uscita nelle sale. Un’ operazione di promozione degna del creatore di Alias e Lost. Un’ attesa durata quasi un anno, specie per il pubblico italiano che non vedrà il film prima del 9 settembre prossimo, prima di riuscire a svelare il mistero che si cela dietro quelle immagini. È il 1979. In una piccola cittadina dell’Ohio un gruppo di adolescenti appassionati di cinema, assistono al deragliamento di un treno mentre stanno girando una scena del loro film sugli zombie. Scampati al disastro, scoprono che l’incidente non è stato casuale. Il treno trasportava un contenuto misterioso andato smarrito dopo l’accaduto. L’esercito, nel tentativo di recuperare il proprio carico, occuperà la città, e i ragazzi si ritroveranno a dover risolvere il mistero del carico scomparso. La trama ruota attorno al mistero, e per gli stessi protagonisti è come vivere nel film di avventura che avrebbero voluto girare. Ma Super8 è soprattutto, come nella migliore cinematografia degli anni ’80, una storia su un gruppo di ragazzi e sulla loro amicizia. Si è pronti a fare qualsiasi cosa a quell’età per i propri amici, e le esperienze vissute assieme sono le più straordinarie. Come per Stand by me, I Goonies, e Explorers, nel film di Abrams è il forte legame che si crea tra il gruppo di ragazzi nell’affrontare l’avventura della crescita, il passaggio all’adolescenza, la vera materia  del  racconto.

Super 8 (sin dal titolo) è un ritorno al passato sotto molti aspetti. Per l’ambientazione, prima di tutto: il 1979 accuratamente ricostruito, dai costumi, dalle scene, e soprattutto dalla fotografia, di Larry Fong (Watchman), che ci restituisce le atmosfere create da Dean Candy, Vilmos Zsigmond, Allen Daviau o John Hora tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80. Un ritorno alla New Hollywood di fine anni settanta, alle prime opere di Joe Dante, George Lucas, e di Steven Spielberg (non a caso), per la struttura del racconto  che ricalca i ritmi e le geometrie di film come Lo squalo, o Explorers ( non a caso…), e per lo stile narrativo e il registro registico, intimamente legato al punto di vista e alle emozioni dei protagonisti che affrontano il passaggio dall’infanzia all’adolescenza.

Un ritorno al cinema di trenta anni fa anche per le tematiche centrali: la crescita vissuta come un’incredibile avventura, la scoperta della morte, e l’incontro col diverso da se. Non una semplice rievocazione, Super 8 torna indietro anche sulla carriera di Abrams, creando una specie di prequel di Cloverfield, da lui realizzato nel 2008, per la regia di Matt Reeves (compagno di avventure di J.J. fin dai primi film in Super 8). Un ritorno all’infanzia quindi, in primo luogo a quella dei due creatori del film, che hanno mosso i primi passi nel mondo del cinema proprio lavorando come i protagonisti del film. Per conseguenza un viaggio nell’infanzia di tutti noi, spettatori di tutte le età, appassionati di cinema, nerd e non, fanatici di film di genere che hanno sognato con i propri amici dietro una videocamera. Un film fatto da un amante del cinema, quello di genere, quello di Roger Corman, per intenderci, degli effetti speciali fatti col ketchup, dei mostri e degli zombie, con cui Abrams è cresciuto e Spielberg ha vissuto. Un binomio a cui non ci si può sottrarre quello tra il regista e il produttore di Super8, tanto che si potrebbero considerare un unica entità autoriale del film.

Riportando il pubblico indietro nel tempo a diversi livelli, Abrams restituisce un esperienza, soprattutto emotiva, già vissuta ma  rinnovata, riportandoci alle emozioni di E.T., Explorer, o Incontri ravvicinati del terzo tipo, in una forma riconoscibile, ma con una forza nuova e originale. Come per Star Trek, il suo ultimo film, è riuscito a reinterpretare il mito della saga televisiva più famosa, sin dai temi centrali (l’amicizia nuovamente al centro della storia), qui tenta la stessa operazione, con successo, ma nei confronti di un universo cinematografico più ampio.