Ukulele songs: secondo album solista di Eddie Vedder

Inutile dirlo, fa sempre un certo effetto approcciarsi ad un lavoro solista di Eddie Vedder. Forse perché il suo sinonimo è “cantante dei Pearl Jam” e da un istrione del genere ci si aspetterebbe imprescindibilmente quel Seattle sound che aveva tanto smosso le folle tra la fine degli anni ottanta e gli anni novanta. Invece di quell’espressione sonora così ruvida e trainante non troviamo traccia nè nel suo primo album-colonna sonora del film Into the wild, nè nell’ultimissimo Ukulele songs. Quest’ultima fatica discografica ci si presenta esile e immediata,ed in tal senso il titolo non può che essere emblematico: 16 tracce che non superano i 35 minuti complessivi di durata,composte per sola voce ed ukulele (diluite sporadicamente con altri elementi).

Eddie Vedder introduce e chiude l’album con due pezzi suonati originariamente dai Pearl Jam, ma riadattati per l’occasione (Can’t keep e Dream a little dream) , ed è tra essi che ricama la sua peculiare idea melodica. In Without you aggiunge un mandolino per affiancare delicatamente il suo ukulele, mentre per Longing to Belong affida lo stesso compito a degli archi. Particolarmente degni di riverenza ed attenzione sono anche Sleepless Night e Tonight you belong me, nelle quali duetta con Glen Hansard prima e Cat Power poi. La formula proposta rimane però comunemente invariata per tutto l’album, che risulta essere  certamente introspettivo ed intimista ma che manca forse di quella particolare verve che aveva decisamente contraddistinto “le terre selvagge” del suo precedente lavoro. Il frontman dei Pearl Jam dimostra però inevitabilmente il suo estro artistico e Ukulele songs merita quanto meno di essere ascoltato per il particolare e continuo utilizzo di questo strumento hawaiano a quattro corde,che probabilmente o vi affascinerà o vi annoierà terribilmente, escludendo le vie di mezzo.