Al Far East Film Festival di Udine trova spazio anche il nuovo film proveniente dal Taiwan, Soul, diretto dal regista Chung Mong-Hong, che, a tre anni da The Fourth Portrait, torna a raccontare una storia drammatica ed inquietante, influenzata da componenti soprannaturali. Joseph Chang interpreta Au-Chuan, un giovane cuoco che sviene durante l’orario di lavoro, senza cause apparentemente plausibili. Viene ricoverato in ospedale, ma nessun medico è in grado di spiegare cosa è successo, e l’ipotesi più attendibile sembra essere un disturbo di natura psicologica. Il padre di Au-Chuan, vedovo, vive in solitaria sulle montagne e, quando si rende conto che il figlio non è più lo stesso, cerca di tenerlo sotto controllo vicino a lui, rinchiuso in un vecchio capanno. Au-Chuan sembra non riconoscere più i famigliari e i conoscenti, sembra essere diventato qualcun altro, una presenza pericolosa ed inquietante che comincia a ad uccidere senza alcuna razionalità, partendo dalla sorella Yan, passata a trovarlo.

Questo corpo era vuoto, quindi mi sono trasferito qui” afferma il personaggio in una delle battute più significative del film. Leggendo la sinossi ci si potrebbe aspettare di vedere un thriller sanguinoso e violento, ma non è così. Chung ha scelto di proporre questa storia a tinte scure, in modo più contemplativo e riflessivo, indagando nella mente di un uomo debole, posseduto da un’entità oscura e logora, che agisce d’istinto. Senza neanche avvicinarsi ad uno slasher di stile più internazionale, il regista taiwanese opta per una sorta di black comedy, in cui è anche difficile riconoscere il vero colpevole. Infatti anche il vecchio Wang, interpretato da Jimmy Wang Yu, è in bilico tra il bene e il male, è una personalità corrotta che farebbe qualsiasi cosa per la sua famiglia. La regia di Chung stupisce per alcune inquadrature e scelte stilistiche che rendono moderno e interessante il film, a partire dalla ripresa sottosopra in una delle scene iniziali, fino ad alcuni stratagemmi accattivanti per riprendere Au-Chuan nella sua metamorfosi.

Soul

L’alchimia tra il giovane attore e l’anziano Wang è la base centrale intorno alla quale si costruisce la sceneggiatura, abbastanza uniforme ma con diversi punti deboli che rallentano il ritmo della narrazione e smorzano la suspance che dovrebbe essere più presente. Analizzando eccessivamente il pensiero e la sfera psicologica del personaggio posseduto, il film perde di vista altre priorità, come una dose adeguata di adrenalina e mistero. Chung vuole raccontare sul grande schermo un’autentica discesa agli inferi di un uomo, come ha fatto James Franco nel suo Child Of God, presentato alla scorsa edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Però, mentre in quest’ultimo il regista offre un ritratto duro e cupo del killer protagonista, senza preoccupare di risultare anche indigesto, Chung rimane superficiale, e Soul non riesce a coinvolgere lo spettatore nel modo giusto, con momenti troppo rallentati che fanno perdere di vista la tensione, adatta a questo genere di storie.

Trailer – Soul