manto-acuifero-red-carpetTra i film in concorso all’ottava edizione del Festival di Roma, il film australiano naturalizzato messicano Manto Acuifero, diretto da Michael Rowe, un’opera scomposta e piatta che non riesce a raggiungere il suo scopo. La storia è quella di Caro, una bambina di circa sei anni, che si trasferisce in una nuova casa con la madre e il nuovo compagno Felipe. I genitori hanno divorziato e la piccola Caro deve abituarsi ad una nuova vita e ad un nuovo papà, anche se quello vero non si sa bene che fine abbia fatto.

Infatti uno dei difetti più grandi di questo film è proprio l’approssimazione, sia per quanto riguarda i personaggi che sono solo accennati e vagano sempre all’interno degli stessi luoghi, senza un perché definito, sia per il contenuto, con una storia che accenna mille particolari e sottotesti, ma non ne approfondisce nessuno, lasciando la narrazione fluttuante tra gli alberi e i rumori di un giardino enorme che avvolge la casa della misteriosa famiglia. Si avverte l’inquietudine della madre, interpretata dall’attrice Tania Arrecondo, combattuta tra un passato infelice e i sensi di colpa per il presente e il futuro emotivo della figlia, ancora piccola per capire bene la situazione o perlomeno per reagire in un certo modo. Rowe sembra voler analizzare le possibili conseguenze delle speculazioni adulte sulla mente fragile e prematura di una bambina, ma realizza un film incompleto e monotono, che anestetizza il pubblico che non riesce a trovare un motivo per appassionarsi alla storia. Una sceneggiatura povera e ripetitiva, una sola location poiché tutto si svolge esclusivamente all’interno della casa e il giardino annesso, e una storia poco coinvolgente, influiscono senza dubbio sulla possibilità per Manto Acuifero di vincere il Festival. Tra i produttori del film anche l’assente Gael Garcia Bernal.