Fuori dal Coro, il cuoco di Robert De Niro debutta come regista

“Un cannolo esplosivo”. Così è stato definito Fuori dal Coro, l’opera prima di Sergio Misuraca. Un mix tra una commedia tipicamente italiana e un thriller che raggiunge quasi i livelli della parodia, lasciando spazio ad un sorriso ironico sul volto dello spettatore. Che il regista abbia preso spunto da Pulp Fiction di Quentin Tarantino è certo; lui stesso ha dichiarato che il cineasta americano è tra i suoi idoli. Il coraggio, però, non è stato solo quello di cercare di riprendere un genere che è ormai strettamente legato ad un altro regista, per l’appunto, Tarantino, ma riuscire a girarlo in Sicilia. Si parla di coraggio perché oltre ai gusti e le abitudini del pubblico italiano, riuscire ad avere i finanziamenti per un film di questo tipo risulta davvero difficile, in particolare se non hai mai fatto parte del mondo cinematografico e provieni da tutt’altro pianeta, quello della ristorazione. Sergio Misuraca nasce, infatti, come cuoco. Si trasferisce vent’anni fa a Los Angeles sperando in un avvio di carriera nel cinema, ma finisce per lavorare nel ristorante “Ago”, di proprietà dei giganti di Hollywood, tra cui Robert De Niro. Più che cucinare per l’attore, però, il regista siculo avrebbe preferito giraci un film assieme. Un sogno, che non è mai divenuto realtà, e così per alcuni anni, Misuraca, si è limitato a guardare il suo divo da lontano e a cucinargli un bel piatto di spaghetti fumanti.

coro3Finché un giorno torna in Italia, apre un ristorante messicano in Sicilia e mette i soldi da parte per realizzare il suo desiderio: girare un film. Da qui si da vita a Fuori dal Coro.  La storia inizia con Dario e Nicola, giovani siciliani disoccupati, che trascorrano le giornate oziando qua e là. Dario, laureato, sogna un cambiamento e decide di svolgere un lavoretto “sporco” per un personaggio influente del suo paese in cambio di un posto fisso in un’azienda. Quello che deve fare è andare a Roma in macchina e consegnare una busta dal contenuto misterioso. Così Dario parte per la capitale dopo aver chiesto a Nicola di metter al sicuro, nell’auto, la busta in questione. Una volta arrivato a destinazione, però, le cose si complicano: la persona che deve far da tramite per la consegna è suo zio Tony, con cui aveva avuto divergenze in passato. I due cercano di mettere da parte l’astio e portare a termine la missione, ma durante l’incontro con il destinatario Pancev, uno slavo poco raccomandabile, la busta sparisce. Da qui si succederanno varie vicissitudini in cui sangue e pistole regnano sovrane. La doppia natura del film, quella tra commedia e pulp, ha sin dall’inizio il sopravvento. La pellicola, pullula di esplosioni narrative senza controllo, si passa da comicità a tensione in continuazione, spesso senza una vera logica. 

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Il problema del film pare essere la sua stessa peculiarità: mischiare i generi della commedia, del thriller, del noir non sempre porta ad un buon risultato. A tratti, il regista sembra confuso, quasi a dimostrare che lui per primo è perso tra le mille sfumature che prende la pellicola. Il cineasta siciliano è alle prime armi e durante la fruizione del suo lavoro lo si percepisce. Un aspetto, questo, che fa quasi tenerezza e ci porta comunque a consigliare la visione del film, in particolare per l’impegno e la determinazione di chi lo ha realizzato. Fuori dal coro sarà nelle sale a partire dal 4 Giugno, nel cast sono presenti Dario Raimondi (attore teatrale), Alessandro Schiavo (Squadra antimafia e La Squadra), Alessio Barone (Squadra Antimafia 4), Aurora Quattrocchi (Il giovane Montalbano), Emanuela Mulè (Ho sposato uno sbirro2) e Roberta Procida (Il giovane Montalbano2). Seppur non entusiasmante, vale comunque la pena dare una possibilità ad un giovane regista che c’ha messo comunque tanta passione.

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