Venezia 72 – Marco Bellocchio presenta Sangue del Mio Sangue

La 72° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia ha ospitato l’anteprima del nuovo film di Marco Bellocchio, Sangue del mio Sangue, in uscita nelle sale il 9 Settembre. Dopo aver presentato La Bella Addormentata nel 2012, il regista italiano è tornato al Lido insieme al figlio Pier Giorgio Bellocchio e agli interpreti Alba Rohrwacher e Roberto Herlitzka per introdurre alla stampa questo nuovo progetto accolto tra applausi e fischi per la sua natura confusa riservata ad un pubblico di nicchia. Federico, un giovane uomo d’armi, viene sedotto come il suo gemello prete da suor Benedetta che verrà condannata ad essere murata viva nelle antiche prigioni di Bobbio. Nello stesso luogo, secoli dopo, tornerà un altro Federico, sedicente ispettore ministeriale, che scoprirà che l’edificio è ancora abitato da un misterioso conte, che vive solo di notte. “Eravamo alla ricerca di nuovi ambienti in cui collocare la storia e mi furono indicate le prigioni abbandonate di Bobbio. Così mi venne l’idea di ambientare qui una storia ispirata in qualche modo alla monaca di Monza, in particolare alla fine della sua vita. Sentivo il desiderio di portare questa storia nel presente e così è nato l’ultimo vampiro interpretato dal Conte Roberto Herlitzka, allusivo ad un vampirismo ambientale e paesano che è un po’ un apologo dell’Italia di oggi” ha spiegato Bellocchio in conferenza stampa. 

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Il film, suddiviso in due episodi ambientati in epoche diverse, esplora uno stesso luogo che diventa teatro di violenze, confronti e passioni conflittuali tra i vari personaggi che si muovono al suo interno e nel piccolo paese che lo contiene. “Sentivo la necessità di andare nel presente. Non mi sono preoccupato di una tecnica drammaturgica perfetta e assoluta e questo credo sia la forza del film. Il dominio assoluto della Chiesa cattolica del ‘600 paradossalmente si conclude con un dominio democristiano italiano che, permettendo benessere e una certa assistenza, vede la corruzione succhiare il sangue ad una prospettiva di cambiamento e novità” ha aggiunto. Il personaggio di Benedetta, interpretata da Lidiya Liberman, è un “personaggio misterioso, si accanisce a non confessare come se contenesse una forza fino alla delusione estrema che riceve dal soldato protagonista che non ha il coraggio di fuggire insieme a lei. Rappresenta una forza simbolica che resiste nel tempo per difendere miracolosamente la propria libertà e il desiderio di essere se stessa“.  “La sceneggiatura mi ha subito incantato e convinto. Ognuno di noi ha un vampiro interiore e io ho tirato fuori il mio, che in fondo è innocuo tranne che per se stesso e alla fine muore per riscattare il degrado e a causa della bellezza. Se il testo è buono l’attore deve solo re-inventarselo, e questo film dà un quadro stringente di tutte le cose che non vanno” ha spiegato Herlitzka che regala un’ottima interpretazione, come sempre. “I tre personaggi sono uniti da uno stesso nucleo di insoddisfazione e l’irrequietezza di dover trovare il loro posto nella società e dal punto di vista intimo e personale. E’ sempre Federico Mai e nelle dinamiche e i rapporti che trova esprime una parte di sé, indicibile ed esprimibile solo nei fatti (approcci con le sorelle Perletti) e la dinamica di quelle scene è stata strana e difficile anche da girare. E’ un vampiro anche lui, e cerca ancora la sua posizione e in questa ricerca fa casino. Personaggio fortemente innocuo perché alla fine non conclude ed è disperato alla fine come all’inizio” ha raccontato Pier Giorgio Bellocchio, protagonista principale della storia intorno a cui si costruisce la narrazione e il destino degli altri personaggi, come quello timido e ingenuo interpretato da Alba Rohrwacher. 

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Maria Perletti vive in funzione della sorella Marta Perletti ed è stato bello creare un personaggio che vivesse del respiro e del movimento dell’altro. Queste due sorelle vivono una passione inaspettata ma non hanno gli strumenti per affrontarla. E’ stato bello creare un personaggio con due teste e un cuore che batteva all’unisono. Lavorare con Marco è una grande fortuna e condividere un percorso creativo con lui è una gioia” ha aggiunto la Rohrwacher che ormai da anni non manca mai a Venezia. Ad accompagnare il film insolito e in parte sperimentale, che non vuole rispettare alcuna regola e prova a fare un cinema che segue solo istinti e sensazioni, convincendo con riserva pubblico e critica, c’è una colonna sonora modern e interessante. Abbiamo fatto un lavoro magmatico mettendo insieme musiche modernissime in epoche diverse. La mia cultura musicale si limita a musica della Chiesa e operistica. Per quanto riguarda il rock e altro mi devo far aiutare da chi la conosce e la ama, ma ho la capacità di riconoscere la musica straordinariamente giusta per una determinata scena. Per noi italiani ci sono spesso problemi di diritti“.