Il documentario Legami di Sangue: “C’è la vita nella malattia”

Presentato al Lumiere di Bologna il toccante documentario breve di Graziano Marani, Legami di sangue, che intreccia in una cornice inusuale e non casuale le testimonianze di cinque madri. Cinque donne, diverse per età, cultura e professione, unite dalla comune esperienza di aver perso un figlio per tumore e dal fatto di avere in seguito scelto di tornare in un ambiente doloroso, l’ospedale dove erano state con i loro figli, per occuparsi degli altri.

Marani, classe 1972, originario di Correggio, proviene per primo da un’esperienza di malattia, una leucemia nell’infanzia e un meningioma cerebrale nell’adolescenza, che ha scavato la sua carne e ha infine creato l’uomo attivo, impegnato e positivo che è oggi. Collaboratore dell’indimenticabile Roberto “freak” Antoni, del surreale Alessandro Bergonzoni e tanti altri, autore e attore di testi teatrali, fondatore di un gruppo di rock demenziale, blogger, due libri all’attivo, con Legami di sangue il regista è tornato sui passi della sua esperienza personale, e ha chiesto a queste cinque donne di raccontare, con semplicità, il tempo trascorso con i figli, a distanza di oltre dieci anni dalla loro morte. “Queste donne hanno prima tentennato alla mia richiesta di esporsi” racconta Graziano, “ma poi hanno accettato, non solo perché abbiamo costruito da anni una relazione e una confidenza, ma per condividere quello che era il mio obiettivo: far passare il messaggio che c’è la vita nella malattia. La malattia non è sospensione dalla vita, ma è parte della vita stessa e della sua quotidianità.” Il rischio di scivolare su corde facili e pietistiche era forte, ma Marani si muove con sicurezza su un percorso che conosce intimamente: l’intervistatore si chiama fuori, e le voci monologanti delle madri riempiono la scena. Una scena molto particolare, perché le donne appaiono sullo schermo di un IPad, collocato in cinque differenti cornici di vita che scorre: un caffè affollato, il supermercato, i giardini, il sagrato di una chiesa sono lo sfondo anche sonoro del racconto delle donne. La vita continua a scorrere, nei primi minuti si sovrappone con pesantezza al racconto di Lidia, la prima mamma che compare, una donna ormai anziana, costringendo lo spettatore ad uno sforzo, per ascoltare le sue parole oltre il cicaleccio del caffè. Poi, lentamente, le inquadrature si stringono, i rumori di fondo si allontanano, e si entra nella storia di questi bambini, di queste madri, attraverso il loro sguardo nudo, le loro voci sincere. Parlano soprattutto di bei momenti, di desiderio di ridere, di giocare, di impegnarsi. Raccontano di vite vere e vive, che proprio a causa della malattia diventano più intense, più fortemente vissute in ogni istante, nella consapevolezza del valore immenso del tempo presente. Raccontano un dolore indicibile, ma anche di come i figli abbiano insegnato loro che la vita vale comunque la pena di essere vissuta, e di come siano i bambini stessi a dare forza e speranza a chi sta loro vicino.

doc2Ho aspettato anni prima di girare questo documentario” ci dice Marani “ed ora il momento mi sembrava giusto, perché la società è pronta ad ascoltare una simile testimonianza. Fino a qualche anno fa era ancora un tabù, ma ora storie come queste riescono ad andare in prima serata, il cinema con la potenza della fiction racconta vicende potenti, di malattia e di morte, pensiamo ad un film come Alabama Monroe di Felix Van Groeningen, che ho amato moltissimo. La mia esperienza personale, ciò che io ho vissuto direttamente, potremmo dire dall’altra parte, da quella dei figli, mi ha fatto capire che, se per la guarigione dipendevo dai medici, per vincere il ricatto della malattia potevo contare solo sulle mie risorse, e che non dovevo lamentarmi ma provare a vivere, suonare, cantare”. “La vita è un continuo processo di trasformazione, e più ci opponiamo alla trasformazione più diventiamo fragili” interviene Francesca Testoni, una delle protagoniste del documentario, presente alla proiezione e tuttora impegnata in Ageop, associazione che promuove la cura dei bambini oncologici della Pediatria del Policlinico bolognese S.Orsola. “L’evento traumatico che potrebbe cristallizzare la nostra esistenza può essere invece la chiave di volta della trasformazione della nostra vita. La morte è quella finitudine che insegna ad amare e a rispettare la vita, e che ogni tempo è importante, perché il tempo non è infinito. Io ho impiegato molto a tornare nel reparto ospedaliero, i primi anni mi sono impegnata soltanto nella promozione dell’associazione, poi la mia elaborazione mi ha portato a fare un passo oltre, a svuotarmi di me stessa e del mio dolore per ascoltare gli altri. Tutte le madri che compaiono nel documentario hanno diretto nel passato Ageop Ricerca. L’esperienza personale prende allora un valore più largo, sia attraverso il lavoro nell’associazione, sia con l’impegno per portare anche altrove le conquiste che noi abbiamo fatto. Ageop sta impegnandosi per promuovere nella difficile realtà degli ospedali della Serbia standard più vicini a quelli italiani, che sono molto validi, ma sono ancora lontani dai nostri sogni. Il mio obiettivo è poter arrivare alla vera “cura”, che non è soltanto la terapia che porta alla guarigione, ma un qualcosa di molto più ampio, che riguarda tantissimi soggetti (famiglie, volontari, medici, operatori), e che si prolunga fino alla morte e anche oltre la morte, nella cura di chi resta.”

Graziano Marani sta pensando a un nuovo documentario da girare in Serbia, in primavera. “Non si tratterà di testimonianze, ma di far vedere, far toccare una realtà particolare” dice il regista . “A questo proposito, mi piace ricordare una frase di un grande regista e sceneggiatore, tra l’altro di Correggio, Vittorio Cottafavi. Lui sosteneva che il regista non deve dire cose politiche o morali, ma essere politico e morale. Ecco, io vorrei con questo mio lavoro comunicare all’esterno dei valori, uno stimolo per tutti a fare di più, ed essere quindi un piccolo seme.” In questa ottica, il documentario è visibile a tutti su You Tube, per trasmettere con grazia, pudore, e con rispetto, una testimonianza che invita ogni persona, in questa società vittima della propria accelerazione circolare, a vivere ogni attimo con pienezza.

 

Per saperne di più potete visitare:

Il blog del regista Graziano Marani: http://cianopenspace.com/
Il sito di Ageop Ricerca: http://www.ageop.org/