Adesso siamo liberi…io ti ricontrerò un giorno, ma non ancora…non ancoraJuba


Con queste parole piene di speranza Juba (Djimon Gaston Hounsou ) chiude uno dei classici per eccellenza : “Il Gladiatore” (o “Gladiator”), uno dei migliori kolossal che sia mai stato realizzato. Il film del 2000 di Ridley Scott (all’epoca già regista di Thelma & Louise e Blade Runner) non solo ha reso celebre l’attore neozelandese Russell Crowe (A beautiful Mind, State of Play) in tutto il mondo, portandolo all’oscar e rendendolo interessante agli occhi di molti dei registi più importanti (basta citare Ron Howard e Paul Haggis), ma ha rinnovato il genere storico e d’azione, nonostante le molte inesattezze legate alla storia romana, è chiaro che alcuni fatti narrati siano infatti molto romanzati.
Il lungometraggio ci trascina in epoche lontane, ci avvicina alle realtà degli schiavi, alle sofferenze che provavano soprattutto quando erano costretti a stare lontani dalle loro famiglie e il portavoce di queste persone oppresse è Massimo X Meridio, condannato suo malgrado a non rivedere più la moglie e il figlioletto, se non ormai senza vita.
Tanta commozione e tanta rabbia ci fanno schierare subito dalla parte del “gladiatore”, che è il buono per eccellenza, lui in ogni battaglia è costretto a lottare contro la morte, tenendo duro solo perché sta aspettando un futuro migliore, tra i campi di grano dorati e con le persone che ama che gli corrono incontro per abbracciarlo ancora. Un cattivo meraviglioso è però Commodo (Joaquin Phoenix), che vive un amore impossibile e sfoga la sua invidia e la sua frustazione fino all’epilogo, in cui paga per tutto ciò che ha fatto al prossimo.
Un film decisamente classico, ma che non ha il forzato happy ending di tante pellicole di genere analogo, ma rimane attaccato alla sofferenza fino alla fine. Il sacrificio di Massimo non è però vano e non solo raggiunge di nuovo la sua famiglia in un “posto migliore”, ma riesce a rendere finalmente liberi i suoi compagni (la canzone del film si chiama infatti “Now we are Free” – Adesso siamo liberi-), dando forse loro una speranza di rifarsi una vita, di continuare quella che avevano interrotto, non smettendo di sorridere e ricordandolo nel cuore.
Perché rimanendo nel cuore delle persone non si muore mai davvero.