Tommaso Arnaldi, intervista al protagonista della web serie con Pino Insegno

Tommaso Arnaldi è un giovane attore ed autore romano formatosi al Centro Sperimentale di Cinematografia e poi successivamente al Tribeca Film Center di New York. Dopo aver mosso i primi passi nel mondo del piccolo schermo, partecipando prima alla fiction I liceali 3 per la regia di Francesco Miccichè e, in seguito, ricoprendo diversi altri ruoli di rilievo in importanti produzioni italiane come I Cesaroni e Distretto di Polizia, adesso Arnaldi è uno degli interpreti della nuova serie pensata per il web Mamanero, con protagonista un gigante della comicità italiana come Pino Insegno.

Ma il suo lavoro da attore, che lo vede impegnato anche a teatro, lo ha portato su importanti set come quello del nuovo Twins di Lamberto Bava, lungometraggio che segna il tanto atteso ritorno alla regia del maestro di Demoni. Il giovane artista capitolino è però anche sceneggiatore, un ruolo che ha recentemente ricoperto per il cortometraggio Miss e per il nuovo spettacolo teatrale che porterà in scena nei prossimi mesi.

Cosa puoi dirci della web serie Mamanero ? Ti sei divertito sul set e come è stato dividere la scena con Pino Insegno ?

È stato sicuramente un set molto interessante. Io conoscevo il regista, Mauro Meconi, e uno degli organizzatori di produzione, Francesco Incognito, con cui avevo già lavorato. Quindi sono stati loro a coinvolgermi in questo progetto un po’ a sorpresa, ma mi ha fatto molto piacere recitare con un cast del genere, da Alessia Navarro ad Angela Favella, ed ovviamente con Pino Insegno, che è una persona straordinaria. Lui ci tiene moltissimo alla collaborazione con i ragazzi giovani e quando può dà sempre una mano, cerca sempre la collaborazione con l’altro attore ed è bello lavorare con lui proprio per questa sua generosità.

Pensi che il web, attraverso questi nuovi prodotti brevi ed immediati, possa rappresentare una risorsa per i giovani attori e registi?

Assolutamente sì. Io mi ricordo che quando avevo diciannove anni cominciava a prendere piede questa realtà del web, ma non si trattava ancora di un ambiente consolidato. Oggi invece i giovani registi ed i giovani attori possono avere un primo approccio con la macchina da presa subito, non devono aspettare ma possono mettersi immediatamente alla prova ed aprirsi al grande pubblico attraverso piattaforme come Facebook o YouTube. E Mamanero rappresenta un ottimo prodotto per il web ed una serie davvero divertente e di intrattenimento.

Pino Insegno, che è il protagonista di Mamanero, è anche un celebre doppiatore. Qual è il tuo parere su questo eterno scontro, recentemente alimentato dalle parole di Vincent Cassel, tra attori stranieri e doppiatori italiani ?

Io sono un po’ di parte avendo origini americane, quindi ho la tendenza ad ascoltare ogni cosa in lingua originale, che sia in coreano, in inglese o in italiano. L’arte del doppiaggio in Italia è però qualcosa che va al di là del mero business: è cultura ed è un fenomeno più storico che commerciale. Apprezzo ed ammiro la bravura dei doppiatori italiani e questo l’ho detto anche a Pino Insegno. Quando vai fuori e senti le cose doppiate in altre lingue sono terribili, mentre in italiano hanno sempre un corpo ed una struttura. Però dobbiamo essere coscienti di essere davanti ad un prodotto che non è l’originale. Quindi se uno vuole sentire Robert De Niro recitare per davvero, allora dovrà sentirselo in lingua originale. Le piattaforme nuove ad esempio danno accesso immediato ai sottotitoli e permettono il cambio della lingua. Io capisco che in tanti magari non padroneggiano l’inglese come se fosse la loro prima lingua e quindi di sera, quando si è stanchi, si preferisce seguire una serie nella lingua che si parla ogni giorno.

Sei stato sceneggiatore del cortometraggio Miss, che figura anche nella selezione ufficiale per i David di Donatello. Di cosa parla?

Il cortometraggio mi è stato commissionato da Stefano Madonna, che è un ragazzo molto giovane che organizza da anni concorsi di bellezza. Mi ha chiesto quindi di scrivere una sceneggiatura che potesse rappresentare il suo concorso e questo Miss Spettacolo si differenza dai tantissimi che già ci sono perché punta alla speranza ed al talento. Quindi ho voluto raccontare una storia che parlasse proprio di speranza. E per scoprire se questa speranza è destinata ad essere tradita o meno bisognerà vedere il corto !

Lo scorso anno hai partecipato alle riprese del nuovo Twins di Lamberto Bava. Quale sarà il tuo ruolo nella storia ?

Abbiamo girato l’anno scorso e si tratta di un bellissimo prodotto con attori internazionali come Gèrard Depardièu e Lars Eidinger, completamente girato in inglese e che segna il ritorno alla regia di Lamberto Bava dopo vent’anni. Io ho interpretato il ruolo di Francesco, che in qualche modo è l’ossessione di uno dei due protagonisti, che sono due preti esorcisti. Uno di questi preti deve fare i conti con il rimorso di non essere riuscito a salvare un ragazzo, che è appunto Francesco, che quindi lo perseguita sia come ricordo che come demone. È come se fosse la personificazione del suo senso di colpa.

Come è stato il tuo rapporto con Lamberto Bava, nome storico del cinema italiano, e cosa puoi dirci sulla uscita del film ?

Lamberto Bava è un’ esplosione di energia ed è un regista che ha sempre una idea molto chiara di quello che vuole e di quello che si deve fare. Riesce a tirarti fuori ciò che lui desidera senza che tu nemmeno te ne accorga ed è una cosa davvero incredibile! È riuscito a gestire attori che parlavano cinque lingue diverse senza nessun problema. L’uscita era prevista per l’anno scorso ma poi ci sono stati un po’ di problemi ed il produttore purtroppo si è spento al termine delle riprese. Adesso si sta cercando qualcuno in grado di prendere in mano il progetto e spero che possa vedere finalmente la luce perché ne vale davvero la pena.

Hai partecipato anche ad Alice e il paese che si meraviglia, un progetto per il cinema decisamente particolare per la regia di Giulia Grandinetti. Che esperienza è stata?

Alice e il paese che si meraviglia è un progetto che Giulia Grandinetti segue da un sacco di tempo. Lei nasce come attrice ma si è specializzata ormai come regista. Devo dire che è un progetto molto interessante perché pone le storie di Lewis Carroll all’interno del contesto italiano e rende quella che nasce come una storia di fantasia qualcosa di reale e concreto, che ognuno può toccare con mano, senza però perdere quella intangibilità tipica delle favole. Giulia è stata molto brava perché sia nella preparazione che nello girare è stata attenta ai minimi dettagli, dal ruolo più grande a quello più piccolo. Abbiamo lavorato quasi sempre tutti insieme per la costruzione dei personaggi e spero che questa opera prima possa dare un po’ di luce ad una regista veramente straordinaria.

Il crowdfunding è una pratica che sta prendendo sempre più piede e che in parte ha reso possibile anche la realizzazione di questo progetto. Qual è il tuo parere?

Il crowdfunding è una cosa straordinaria perché mette in diretto contatto il pubblico con quello che avviene dietro le quinte. In questo modo lo spettatore diventa partecipe del prodotto che vuole e si creano anche delle aspettative su ciò che ha aiutato a finanziare. Spero possa diffondersi sempre di più perché permette una maggiore libertà nel proprio lavoro. Quando ci sono piccole donazioni e non un grosso finanziamento stanziato da qualche major, si è anche meno vincolati da possibili influenze esterne. Perché se una società investe una cifra ingente su di un progetto è naturale che punterà poi a garantirsi un ritorno economico.

Cosa cerchi in un personaggio e cosa ti porta ad accettare un lavoro piuttosto che un altro?

A me piace sempre analizzare la follia che c’è dentro ogni essere umano, i rapporti che ci sono con le altre persone. Quindi quando mi propongono un personaggio la prima cosa che faccio è vedere quale tipo di nevrosi e psicosi può nascondere la sua personalità. Credo che in ognuno di noi, specialmente nell’epoca contemporanea, ci sia qualche rotella nel cervello che non va come dovrebbe. Poi naturalmente dipende dal regista e dal tipo di storia, ma in generale è la ricerca della follia che mi appassiona quando accetto un ruolo.

Tu sei un attore teatrale molto attivo. Ci sono differenze per te nel recitare su di un palco piuttosto che davanti ad una macchina da presa?

Sono due ruoli davvero diversi per me. E se al cinema il momento tra due attori è rubato dal regista, a teatro è lo spettatore che decide dove guardare. C’è un’aura di sacralità all’interno del teatro che lo rende quasi un tempio religioso. E a me piace molto l’atmosfera che si crea e soprattuto l’energia che ci si scambia con il pubblico.

Che consiglio daresti ad un ragazzo che vuole intraprendere la carriera di attore in Italia ?

Dirò una cosa un po’ strana: la cosa importante per chi vuole cominciare a fare questo mestiere, oltre allo studio indispensabile per essere preparati sia per il set che per il palco, è stare lontani dai guru. Cercate di ampliare i vostri orizzonti, prendete i vostri maestri ed imparate ad abbandonarli. Quando si prende un modello di riferimento e lo si segue fino alla fine, non sempre funziona e si diventa più psicologi di se stessi che attori. Questo lavoro lo facciamo per noi ma anche per il pubblico.

Quali sono i progetti in cantiere per il prossimo futuro ?

A gennaio andrò in scena a teatro con un testo di Giuseppe Manfredi. E sto preparando la mia seconda regia con un testo che ho scritto io. Sempre una commedia nera, come l’ultima che avevo scritto che si chiamava Point of View e che abbiamo messo in scena in diversi teatri per la regia di Claudia Genolini. Questa volta cercherò io di mettere in scena questa storia che mi interessa moltissimo perché mi tocca a livello personale. Si chiama Le cose che ti direi.