Il Rito, la recensione | Il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi

Il Rito recensione
Il Rito recensione – Newscinema.it

Dopo Angeli e Demoni di Ron Howard, il regista Mikael Hafstrom riporta sul grande schermo il Vaticano con Il Rito, progetto cinematografico che prova a spiegare l’esorcismo, senza effetti spettacolari ma con un profondo dialogo psicologico. 

Il giovane Michael Kovak è cresciuto in una famiglia molto religiosa, con una mamma devota e un padre che ha dedicato tutta la sua vita alla sua attività di pompe funebri, insegnando il mestiere anche a lui, suo figlio, che un giorno avrebbe preso il suo posto.

Ma Michael non vuole percorrere quella strada e cerca di scappare dalla sua vita programmata, iniziando a studiare per diventare prete. Questa sua scelta però nasconde una sua instabilità spirituale ed emotiva, poiché il giovane dubita della sua fede e non è convinto di proseguire quel suo percorso, tanto da chiedere il ritiro al suo superiore.

Quest’ultimo però non accetta subito questa decisione e lo manda a Roma per intraprendere un corso sull’esorcismo della durata di due mesi, che lo metterà a confronto con un’intensa verità, che sconvolgerà le sue certezze e le sue idee. Infatti, soprattutto affiancando Padre Lucas, leggendario sacerdote esorcista, Michael sarà testimone di eventi al limite del paranormale e scoprirà un lato della religione a lui sconosciuto a causa del suo radicato scetticismo.

Il Rito: il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi

Scegliere di non credere nel Diavolo non ti proteggerà da lui” è una frase emblematica che Padre Lucas, interpretato da uno strepitoso Anthony Hopkins, dice al giovane prete, destabilizzandolo e facendogli aprire piano piano gli occhi sulla verità.

Infatti Michael sembra rinnegare la presenza del Diavolo, poiché lo teme e vuole non credere in lui, anche con il susseguirsi di prove evidenti della sua esistenza. Il regista Hafstrom, che ricordiamo in particolare per “1408” e “Derailed” riesce a raccontare il tema dell’esorcismo in maniera un po’ nuova ed originale. Riesce a creare un discreto thriller soprannaturale, che non si regge su scene horror o splatter, con rotazioni di teste a 360 gradi o mutamenti corporei e facciali delle vittime, ma affronta il tema su livello più che altro intimo e psichico.

Il Rito: una Roma inquietante

Infatti, viene passo dopo passo messa alla prova la mente del protagonista, combattuto e confuso su cosa credere, e il pubblico segue il suo percorso di conversione e di riscoperta della fede con un’analisi profonda e interiore che Michael affronta anche grazie ai personaggi che lo circondano, come Angelina, la giornalista in cerca di una storia e di un riscatto personale, e Padre Lucas, un anziano servo di Dio che traballa per le cose che ha visto nella sua vita e ha bisogno di aiuto per riscoprire anche lui la forza di Dio e rimettersi nelle Sue mani senza dubbi o ripensamenti.

Anthony Hopkins regala una performance di alto spessore, provocando la pelle d’oca soprattutto nella scena della sua possessione. Le espressioni, la voce, i movimenti del corpo sono perfettamente puntuali e cariche di emozioni contrastanti, che trasmettono allo spettatore le due sensazioni fondamentali di terrore e forza d’animo. Lo sfondo di tutta la storia è una Roma ripresa in varie parti della giornata, dall’alba al tramonto, sotto il sole o con una pioggia torrenziale, con scene molto suggestive e piacevoli da vedere. 

Il Rito: Anthony Hopkins non basta

Il resto del cast è convincente ma non brilla per espressività. La trama si snoda con un ritmo che a volte fa delle pause inutili e dannose, e si avverte la mancanza di quel qualcosa in più, che permetta al film di distinguersi dagli altri che hanno affrontato lo stesso tema. La pratica dell’esorcismo rimane approfondita in modo parziale e restano tanti dubbi. Il film sembra rimanere sull’uscio di un argomento invece molto ampio ed intenso, che ha bisogno di approfondimenti e di studio.

Manca un po’ di mordente, ma Il Rito in uscita nelle sale italiane dall’11 Marzo, è un thriller curioso e da guardare, anche per fare il paragone con i successi del passato, che tengono sempre lo scettro del genere. Un piccolo consiglio è guardare il film in lingua originale, per gustarsi l’ottima recitazione di Anthony Hopkins che passa dall’italiano all’inglese con dimestichezza e un simpatico accento.