Intervista a Giovanni Manna: l’arte dell’illustrazione al Giffoni Film Festival

Il Giffoni Film Festival anche quest’anno non si è preoccupato soltanto dei film in concorso, degli ospiti internazionali e del red carpet, ma ha organizzato con cura molte attività collaterali per intrattenere tutti i bambini e i ragazzi accorsi da varie parti d’Italia per assistere alla manifestazione. E, per realizzare interessanti attività ludiche e culturali, si è avvalso della collaborazione di diversi professionisti, tra cui l’illustratore Giovanni Manna che abbiamo avuto il piacere di conoscere e intervistare per sapere di più del suo affascinante lavoro e del suo impegno al Giffoni di quest’anno.

Classe 1966, Giovanni Manna è nato a Firenze, dove ha frequentato alcuni corsi di incisione e poi di tecnica pittorica a Bologna, dove vive tutt’oggi con sua moglie e sua figlia. Vincitore del Premio Andersen nel 2003 come miglior illustratore dell’anno, egli ha pubblicato oltre cinquanta libri con varie case editrici italiane e straniere, e lavora in stretta collaborazione con la moglie Laura Manaresi che accompagna i suoi suggestivi disegni con le parole, scrivendo fiabe nuove o adattamenti di quelle più classiche. Da Marco Polo. Cronaca di un lungo viaggio a Eroi e dei. Le grandi storie dell’antica Grecia, fino a Babbo Natale e la piccola renna, Ombre di felicità, l’Odissea, il Giardino SegretoManna riesce a rendere la magia e il sogno su un foglio, attraverso un tratto leggero, elegante e colori che sembrano legarsi tra loro con estrema armonia ed efficace effetto visivo. Le parole del testo prendono vita e assumono forma grazie alla sua intensa interpretazione dei testi e il lettore viene trasportato in una dimensione magica e surreale, dimenticandosi da quale generazione provenga.

1) Come mai sei qui al Giffoni Film Festival? E’ la tua prima volta qui?

Sì, è la mia prima volta. Qui a Giffoni ho organizzato una serie di laboratori di pittura ad acquerello per i giovani giurati, sponsorizzati dal gruppo Fila. Sono stato contattato dal festival attraverso la fondazione Mostra di Sarmede, un’istituzione che organizza da 30 anni una delle più importanti mostre internazionali di illustrazione. A Sarmede fa capo anche una Scuola di Illustrazione, presso la quale sono docente di acquerello da diversi anni. Giffoni e Sarmede condividono esperienze di scambio culturale.

2) I bambini che hanno partecipato ai tuoi laboratori ti sono sembrati interessati a questa forma di arte, al disegno ed è successo qualcosa che ti ha colpito in particolare?

Sono rimasto colpito proprio dal grande interesse che i bambini hanno dimostrato per l’acquerello, direi che ne erano affascinati. Si tratta di una tecnica che di solito non hanno occasione di usare, e la maggior parte di loro non aveva mai ricevuto spiegazioni al riguardo. Iniziavo con una dimostrazione pratica e vedermi dipingere catalizzava la loro attenzione, e creava un’atmosfera silenziosa e raccolta, di grande concentrazione nonostante la confusione del festival (e questo sembrava già un piccolo miracolo!). Dopo la dimostrazione i bambini avevano un paio d’ore a disposizione per realizzare un acquerello sul tema del festival, la Felicità: hanno dipinto pesci colorati e farfalle, ed è stato bello vedere come fossero fieri e soddisfatti del proprio lavoro, indipendentemente dai risultati raggiunti. Vedere l’impegno che mettevano in quello che stavano facendo è stata per me la cosa più gratificante.

3) Nel periodo storico che viviamo ora, di che tipo di fiabe pensi abbiano bisogno i bambini? E perché?

Ho sempre pensato che fosse importante dare stimoli positivi e creativi. I racconti che piacciono a me sono quelli che hanno uno sfondo positivo, sia che si tratti di fiabe tradizionali o storie contemporanee. Amo i racconti di avventura e molto le storie dove emerge un forte lato poetico, che è una delle cose di cui sento ci sia più bisogno. Questo non significa che non si debbano toccare temi impegnativi, ma semplicemente che questi temi si possano affrontare con uno sguardo costruttivo, che colga il sentimento e dunque la poesia è racchiusa in ogni cosa. Questa convinzione si estende dal testo all’illustrazione, che può cogliere il lato più evocativo del testo stesso, far emergere significati sottesi, sempre nel massimo rispetto del suo scopo, che è appunto quello di illustrare le parole. Anche al festival, durante i laboratori, mi piaceva chiedere ai ragazzi cosa avevano visto e cosa gli era piaciuto di più, e nelle loro risposte emergeva soprattutto questo desiderio di positività e di coinvolgimento insieme. Per farti un esempio, il primo libro illustrato che ho comprato, da ragazzo, era Il ponte dei bambini, illustrato da Stepan Zavrel. Raccontava di un luogo dove un conflitto tra due famiglie, che vivevano sulle opposte rive di un fiume, veniva gradualmente superato attraverso l’amicizia che nasceva segretamente tra i bambini delle famiglie rivali: alla fine, veniva costruito un ponte per unire le due sponde del fiume, e questo racconto nella sua semplicità aveva un forte valore simbolico, per me una bellissima metafora, più efficace di qualsiasi racconto di guerra o maltrattamenti.

4) Come hai deciso di fare l’illustratore? Un incontro particolare o un sogno che avevi da sempre?

Fin da bambino ho amato disegnare e dipingere: potrei dire che ho sempre disegnato, anche a scuola con la biro bic mentre ascoltavo le lezioni… Il percorso però non è stato lineare, e per ragioni familiari ho fatto studi differenti, pur continuando sempre a dipingere per conto mio. L’incontro con Laura, che poi è diventata mia moglie e autrice di diversi dei miei libri, e che all’epoca lavorava come redattrice in una casa editrice, mi ha fatto aprire gli occhi sulla possibilità (e anzi la necessità!) di fare della mia passione la mia professione. A questo punto, ho iniziato a percorrere i corridoi della Fiera del Libro di Bologna, con un piccolo book. Qui ho incontrato prima un editore americano, che mi ha offerto di realizzare un grande numero di illustrazioni dandomi la possibilità di iniziare a lavorare professionalmente. L’anno successivo, in Fiera ho incontrato (casualmente?) proprio Stepan Zavrel, l’illustratore del mio primo libro acquistato, che era direttore artistico di Bohem press (una importante casa editrice del settore illustrato) e fondatore della mostra di Sarmede: grazie a lui e ai suoi insegnamenti, al suo carattere generoso ed altruista, ho iniziato a costruire il mio percorso. In seguito, ho partecipato con successo a vari concorsi, vinto il premio Andersen nel 2003 come miglior illustratore italiano, e lavorato ad oltre ottanta libri illustrati, oltre a collaborare a varie riviste.

5) Le tue più importanti fonti di ispirazione?

Sicuramente il mondo naturale e l’arte dei secoli passati. Prima di iniziare un nuovo libro, mi documento sempre guardando diverse fonti, libri d’arte o anche immagini attraverso il web, che mi aiutano a calarmi nell’atmosfera dei racconti che devo illustrare. Indispensabile per me, però, è anche il contatto con la natura, la possibilità di restare in silenzio davanti a un paesaggio, in contemplazione oserei dire: è una forma di ricarica interiore.

6) Ammirando i tuoi lavori, si viene trasportati in una dimensione surreale che sembra utilizzare il sogno e i tratti delicati per donare magia. Nella vita di tutti i giorni sei un sognatore o una persona razionale?

Purtroppo non tanto razionale…

7) C’è una corrente artistica della storia dell’arte in particolare che ti piace e che influenza il tuo tratto?

Guardo molte cose diverse, ma le mie preferite sono la pittura italiana del Due-Trecento e la corrente dell’acquerello inglese, alla Turner per intenderci.

8) Avere una figlia ti ha aiutato in qualche modo a perfezionare la tua arte e a comprendere meglio cosa potesse piacere ai bambini? Lei che ne pensa del tuo lavoro, è la tua prima critica?

In effetti sì, mi ha aiutato a vedere le cose in maniera diversa, anche più positiva, e ad avvicinarmi alla visione dei bambini. In realtà, la mia prima critica è mia moglie, anche perchè lavoriamo nella stessa stanza! poi viene subito nostra figlia, che ama seguire il mio lavoro e anche partecipare personalmente alle mostre o ai corsi, quando è possibile.

9) Tra le fiabe più classiche qual’ è la tua preferita e perché?

Non ho favole preferite. In certi momenti preferisco certe atmosfere, in altri cose differenti. Comunque, lavorare sui classici è sempre molto interessante, ti misuri sia sul testo sia sul lavoro di tanti altri che lo hanno già illustrato.

10) Hai sempre pensato di utilizzare il tuo talento per il mondo dei più piccoli o avevi anche altri programmi?

Non avevo un programma specifico: ho sempre amato disegnare e dipingere e mi ritengo fortunato ad avere avuto la possibilità di fare questo lavoro. In realtà faccio anche altro, incisione, scultura ed illustrazione per l’editoria in generale, non ho preclusioni.

11) C’è una storia o un’idea per una nuova illustrazione che hai da molto tempo ma alla quale ancora non sei riuscito a dare forma o pubblicarla?

Sì, ma non si dice!!!

12) Molte delle tue illustrazioni si uniscono alle parole scritte da Laura Manaresi, tua moglie. Come è nata la vostra collaborazione?

Ci siamo conosciuti ad un congresso di arte del mosaico, e questo era già un segno, forse! La collaborazione è nata da subito, nella condivisone di interessi ed idee, assumendo nel tempo varie forme: Laura da sempre traduce per me i testi quando lavoro con gli editori stranieri, e mi aiuta nella redazione ed impaginazione. In seguito, abbiamo iniziato a concepire dei progetti comuni, proprio per dar corpo alle immagini ed alle storie che sognavamo insieme.

13) Pensi che le parole completino il disegno o che le illustrazioni possono anche parlare da sole?

Penso che le illustrazioni completino il testo, facendo spesso emergere suggestioni che non sono esplicitamente espresse. Penso anche che le illustrazioni possano parlare da sole, ed esistono anche bellissimi libri che non hanno testo.

14) Progetti futuri? Cosa ti aspetta dopo quest’esperienza al Giffoni?

Ora sono in partenza per Sarmede, per tenere un corso di acquerello. Per l’autunno, ho in uscita in Italia l’Iliade, per Rizzoli, e sul mercato anglosassone Finn at Clee Point, un romanzo ambientato in un villaggio di pescatori nell’Inghilterra dei primi del ’900, per Barefoot Books. Nel frattempo lavoro ad Alice in Wonderland, per la collana BlackCat in lingua originale di DeAgostini.

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