Molly’s Game, la recensione dell’esordio alla regia di Aaron Sorkin

La mano di Aaron Sorkin in Molly’s Game, sua prima prova dietro la macchina da presa, è sempre riconoscibile quando non invasiva. Ma se il caos ordinato” è la cifra stilistica del creatore di The Newsroom (i dialoghi rapidi e veloci, la convulsione delle numerose vicende che si incrociano, il nervosismo dei personaggi che sfidano in duelli verbali sempre più prolissi e sempre più arroganti), è anche vero che solo chi ha una grande esperienza nella regia può essere in grado di gestirlo e governarlo.

Come David Fincher con il suo capolavoro del 2010 (The Social Network, che valse proprio a Sorkin un premio oscar) usava la forza delle immagini per dare forma alle parole, Sorkin sfoggia innegabile classe ed eleganza nella composizione delle proprie scene. Ma, a differenza dei colleghi che nel corso degli anni hanno reso memorabili le pagine dei suoi script (non solo Fincher, ma anche Boyle), Sorkin non riesce mai a dare un senso nuovo alla verbosità del suo film, né a domare la natura magmatica della sua sceneggiatura.

Jessica Chastain in Molly’s Game

Molly’s Game: Jessica Chastain protagonista assoluta del film

Persino la protagonista, ex sciatrice costretta ad un prematuro ritiro che si reinventa organizzatrice di “bische” sempre al limite della legalità, viene presentata allo spettatore come un personaggio affascinante e pieno di contraddizioni, ambiziosa ma consapevole dei propri limiti. Eppure Molly Bloom, interpretata da una bravissima Jessica Chastain, sembra perdersi nel marasma di parole che affolla il film di cui è protagonista, tanto da sparire nella confusione che la circonda. Perché Sorkin, bravissimo ad introdurla al pubblico nei minuti iniziali del film, non sembra in grado di darle il giusto spazio per splendere e per palesare quelle caratteristiche della sua personalità solo suggerite ma mai davvero esplicitate. Anche la storia, che dovrebbe riservare più di un colpo di scena ed appassionare con il suo groviglio di sottotrame, sembra rivelare le sue debolezze con un anticlimax finale in grado di spezzare definitivamente il ritmo della narrazione.

Kevin Costner e Jessica Chastain in Molly’s Game

Un thriller al femminile troppo lungo

Molly’s Game, con la ruffianeria tipica di Sorkin (messa a frutto generalmente nel migliore dei modi), si pone come scopo principale quello di intrattenere con intelligenza e sagacia. Il regista, oltre a dimostrare una comprensione della messa in scena assolutamente non scontata per chi si cimenta per la prima volta nella regia, usa le proprie abilità da sceneggiatore per raccontare la sua storia tramite un voice over mai fastidioso o stucchevole. Così come sorprende anche la determinazione di Sorkin nel dirigere gli attori stellari a sua disposizione, muovendoli secondo quella che è la sua idea di dinamismo cinematografico ed inquadrandoli sempre in movimento persino nelle situazioni apparentemente più statiche.

Alla fine questo thriller al “femminile” non riesce a giustificare sempre la sua durata e le sue scelte, ma ha il merito di rivelare delle doti (ancora nascoste) di Aaron Sorkin, che si dimostra così un regista dall’occhio attento e dalle numerose risorse. Forse non ancora abbastanza consapevole dei propri strumenti da riuscire a valorizzare le sue complesse storie scritte su carta, ma sicuramente in grado di perfezionarsi col tempo e con un eventuale secondo film.