Due anni dopo Legion, il regista Scott Stewart e l’attore Paul Bettany, tornano a lavorare insieme in un nuovo film dai toni apocalittici: Priest. Il film narra la storia di un’umanità indebolita da anni di guerre contro i vampiri e di conseguenza soggiogata dalla chiesa, unica responsabile della vittoria contro il male grazie ai temibili e addestratissimi preti che annovera. Uno di questi, Priest (Paul Bettany), di fronte ad un evidente attacco vampiresco legato alla sua storia e di fronte alla evidente menzogna della chiesa che la lotta è finita, decide di ribellarsi e di agire da solo, in modo da poter salvare Lucy (Lily Collins) dalle grinfie di Black Hat (Karl Urban), ex prete in seguito trasformatosi in vampiro. Supportato dal guerriero Hicks (Cam Gigandet) e dall’esperta in lame Priestless (Maggie Q), Priest inizierà questa devastante guerra contro la ferocia dei vampiri e l’ottusità della chiesa.

Tratto dalla graphic novel di successo di Min-Woo Hyung e anticipato da un prologo animato gradevole ma che sa di già visto (Kill Bill vol. 1 , Harry Potter e i doni della morte parte 1), Priest non offre nulla di interessante. Dopo il mediocre Legion, Scott Stewart e Paul Bettany fanno una specie di calco del film precedente cambiando solo alcuni aspetti legati al film e offrendo di conseguenza agli spettatori un prodotto solo in parte superiore al suo predecessore. Se la sensazione dominante vedendo Legion era la noia, in Priest è certamente la saturazione, dal momento che lo spettatore si ritrova di fronte all’ennesimo film di lotta contro i vampiri. Dopo i vari Constantine, Underworld, 30 giorni di buio e molti altri, i registi e produttori di Hollywood dovranno sforzarsi un tantino di più nel rappresentare le creature della notte, in modo da permettere allo spettatore di riuscire a distinguere almeno un film dall’altro. Priest è l’ennesimo film del genere che sa di già visto e pur non essendo confezionato male, questo va a inficiare molto sulla qualità del film.

Paul Bettany è un ottimo attore ma a questo punto risulta lampante quanto sia poco tagliato per ruoli di azione. Scott Stewart è un regista mediocre e questo è altrettanto evidente. Anche la rappresentazione del villain di turno, Black Hat (Karl Urban), è abbastanza patetica e sfiora il ridicolo, soprattutto quando il regista ci vuole mostrare la cattiveria del personaggio attraverso un balletto a suon di esplosioni e distruzione. Il 3D del film è come al solito inesistente e fatto per incassare qualche dollaro in più; se lo spettatore non avesse un fastidioso paio di occhiali addosso non si ricorderebbe neanche che il film è a tre dimensioni. La musica di Christopher Young è invece ottima, riuscendo ad accompagnare perfettamente il film sia nei momenti di tensione che nei risvolti drammatici della pellicola. Priest ha sicuramente il pregio di essere godibile ma ha anche lo svantaggio di non essere indispensabile, andando ad allargare ancora di più la lista di quei film di cui proprio non se ne sentiva il bisogno.