Reality, il film di Matteo Garrone a Cannes 2012

Una carrozza del ‘700, tutta dorata, lentamente ci conduce per le vie della periferia di Napoli. L’eco de Il funeralino, episodio de L’oro di Napoli, diretto da Vittorio De Sica ( ma di chiara ispirazione Zavattiniana), torna immediatamente alla memoria. Ma se nel film del ’54 ad attraversare i vicoli della Napoli del dopoguerra era un carro funebre, nella Napoli contemporanea messa in scena da Garrone, è una carrozza nuziale. In questo modo, un po’ favolistico, inizia Reality, unico film italiano presente nella Compétition del 65esimo Festival di Cannes. Un incipit che ci fa entrare immediatamente nel mondo colorato e corpulento del protagonista Luciano, pescivendolo di un quartiere povero di Napoli che tira a campare tra la pescheria e delle piccole truffe. Quando al matrimonio conosce l’ultimo vincitore del Grande Fratello (celebrità invitata per i festeggiamenti) comincia ad accarezzare l’idea di poter provare entrare nella “Casa”. Decide allora di partecipare ai provini e alla seconda selezione comincia a credere di potercela fare. Ma la speranza si trasforma in ossessione. Lentamente il Grande Fratello, fissazione radicata nella sua mente come un virus, lo fagociterà. Matteo Garrone, dopo il successo di Gomorra, torna a Cannes raccontando ancora una volta la deriva morbosa di un personaggio e di un mondo ai margini. In realtà, meno marginale di quanto si possa pensare.

La casa del Grande Fratello come moderna promiseland sognata da Luciano è inevitabilmente un segno dei tempi nella nostra società. La piega paradossale che prendono i sogni di una vita migliore del protagonista, non è poi così lontano dalla realtà (ricordate l’operaio protagonista di Videocracy?). In questo percorso verso la follia, sviluppato con tono sempre costante, i famigliari che ruotano attorno al protagonista giocano un ruolo decisivo. Nella sua presenza ingombrante e vorace, la famiglia spinge Luciano a interessassi del reality, e ad assecondare la sua scelta, non senza voci fuori dal coro. La scelta del cast è una dei punti di forza del film. Luciano è straordinariamente interpretato da Aniello Arena, attore della compagnia teatrale di detenuti La fortezza, alla sua prima esperienza cinematografica. Ma attorno al protagonista si muovono attori della scena teatrale partenopea di grande talento come Loredana Simioli che interpreta Maria, la moglie di Luciano, e Nando Paone, che interpreta l’amico Michele.
La dinamica del racconto, che procede fin troppo linearmente, sembra essere affidata più alle interpretazioni e alla macchina da presa. La partitura dei movimenti di macchina sembrano creare un ricamo perfetto nel raccontare l’ambienti e i personaggi, e si intrecciano con primi piani ravvicinati e insistenti, a limite del soffocante. La colonna sonora, affidata a Alexandre Desplat, ipnotizza lo spettatore. In Italia, avremo il piacere di vederlo in sala dall’28 settembre, nel frattempo rimettiamoci alla giuria.

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