Starry Eyes: Il successo è un patto con il diavolo

“Saresti disposto a rinunciare alla tua anima per raggiungere il successo?”

Questa è la domanda che si pone Sarah (Alexandra Essoe), una giovane donna che ha un solo grande sogno: diventare una attrice di successo. Un obiettivo che a Hollywood, tra provini spietati e la concorrenza di migliaia di persone, solo pochissimi riescono a raggiungere. Così quando l’antica casa di produzione Astraeus Pictures la chiama per un provino, la promettente attrice tenta di dare il meglio di sé ma, presa dall’ansia, si strappa violentemente i capelli. La crisi cattura l’attenzione dei due responsabili del casting che la contattano il giorno dopo per proporle un incontro con il produttore del film. Convinta di aver ottenuto la parte, Sarah si reca alla sede ufficiale della Astraeus Pictures ma le cose vanno molto diversamente di quanto si sarebbe mai aspettata. Il compromesso che la giovane attrice accetterà avrà delle conseguenze diabolicamente crudeli sulla sua vita e su quella di tutte le persone che la circondano.

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Il diabolico potere dell’ambizione è stato già affrontato innumerevoli volte dal cinema americano. Basti pensare all’indimenticabile L’avvocato del diavolo di Taylor Hackford o ad Angel Heart di Alan Parker, opere caratterizzate da un perfetto equilibrio di tensione, violenza e azione. Una miscela che, ambiziosamente, Kevin Kolsch e Dennis Widmyer tentano di replicare nell’interessante Starry Eyes, un film low-budget che presenta alcuni notevoli punti di forza. Innanzitutto, Alexandra Essoe, è una protagonista che riesce a incarnare perfettamente la dura decisione di prendere la “strada” più semplice in un mondo in cui il compromesso vince sempre sul talento. Parliamo di Hollywood e la metafora che compara il successo ad un patto col diavolo non è delle più originali, eppure Starry Eyes funziona grazie ad una regia a tratti innovativa (molto interessante la parte del provino di Sarah), un uso della violenza disturbante ed un epilogo tanto amaro quanto efficace. L’atmosfera “malata” e le inquietanti musiche di Jonathan Snipes strizzano l’occhio ai thriller di Alexandre Aja, uno degli autori più interessanti del cinema horror degli ultimi dieci anni. E il risultato è una brillante opera che, pur non raggiungendo il livello di Alta Tensione o Le Colline hanno gli Occhi, analizza con lucidità il “dorato” mondo di Hollywood.

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