The Founder recensione: niente di personale, sono affari!

Secondo Ray Kroc la parola che meglio descrive la sua opera per raggiungere il successo ed esaudire il sogno americano è “perseveranza“, ma non tutti sarebbero d’accordo dopo aver visto The Founder, il nuovo film diretto da John Lee Hancock ed interpretato da un ottimo Michael Keaton che, con questo ruolo, tenta nuovamente di conquistare il premio Oscar come miglior attore protagonista.

Ray Kroc era un semplice venditore dell’Illinois che, un giorno, riceve l’ordine per sei frullatori da una piccola attività che vende hamburger a San Bernardino, in California. Scettico dell’esattezza della richiesta si reca personalmente sul posto dove conosce Mac e Dick McDonald, due fratelli che negli anni ’50 inventano un sistema innovativo per consegnare panino, patatine fritte e bibita in pochi secondi, diventando competitivi sul mercato. Sono persone semplici che contano sulle loro capacità per andare avanti e fare il loro lavoro nel miglior modo possibile, soddisfacendo i clienti con prodotti genuini e una professionalità nella vendita e nell’organizzazione dei vari dettagli dell’attività. Ma la loro ingenuità li spinge a credere ai sogni di grandezza di Kroc, che propone loro il franchising e una miniera d’oro a breve termine che in fondo i fratelli McDonald non desiderano veramente.

Gli affari al primo posto!

Niente di personale, sono affari” ha detto qualcuno una volta sul grande schermo, e nessuna affermazione sembra più adatta per descrivere l’idea di Ray Kroc, disposto a tutto per sviluppare un progetto che ha fiutato come fonte di guadagno e soddisfazione. Come una sanguisuga segue attentamente l’attività McDonald in ogni passaggio, puntando gradualmente i piedi per guadagnare terreno e, in breve tempo, riesce a tagliare fuori Mac e Dick fino ad impadronirsi del marchio, dei punti vendita e persino del loro nome. Questo personaggio dirompente e carismatico, nel bene e nel male, sembra perfetto per Michael Keaton che risulta il cuore pulsante del film con la sua interpretazione. Tutto ruota intorno alla sua presenza magnetica ed intensa che trascina gli altri personaggi e la storia, mantenendo il ritmo sostenuto che, tuttavia, non avrebbe raggiunto lo stesso risultato senza di lui.

Il lato oscuro dell’impero McDonald’s

La regia, infatti, non sperimenta particolari virate di originalità, ma è efficace la scelta dei monologhi motivazionali con lo sguardo in camera che Keaton padroneggia grazie all’esperienza e alla cultura filmica che, fino ad oggi, ha rispettato con zelo e attenzione. Il modo in cui i fratelli McDonald hanno perso il loro impero dell’hamburger è ai limiti dell’assurdo e si rivela materiale perfetto per il grande schermo, anche vista la presenza costante della famosa catena di fast food al cinema, dal classico Pulp Fiction al recente Kingsman: Secret Service. Il McDonald è nel sangue dell’americano medio, come una pagina fondamentale della storia del paese a stelle e strisce e The Founder lo mette in discussione, descrivendo molto bene l’inquietante facilità con cui un uomo qualunque ha raggiunto il successo a discapito del prossimo, senza alcun rimpianto o crisi di coscienza, perdendo anche gli affetti come la moglie, interpretata qui da Laura Dern, che si rende conto del suo valore nullo rispetto all’ego smisurato di Kroc.

John Lee Hancock mantiene costante il suo stile di racconto che abbiamo apprezzato in Saving Mr. Banks e The Blind Side, ma in questo caso punta tutto sul suo uomo, sul protagonista ruffiano e determinato che forse, farà andare di traverso un Big Mac a qualcuno nei prossimi giorni.

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