Venezia 69: Wadjda, il primo film realizzato da una regista donna in Arabia Saudita

La sezione Orizzonti di questa edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia presenta il primo lungometraggio della regista araba Haifaa Al Mansour, la prima donna che è riuscita a girare un film in Arabia Saudita ed è considerata una delle maggiori personalità del cinema nel suo paese. Si intitola Wadjda e racconta la storia di una bambina araba di dieci anni che vive in un sobborgo di Riyad, la capitale dell’Arabia Saudita. E’ una bambina divertente, coraggiosa e con una grande voglia di vivere, circondata però da una società conservatrice e tradizionalista che vive relegata in mille restrizioni, alcune delle quali sembrano quasi surreali agli occhi del mondo occidentale.

Infatti il suo più grande desiderio è comprare una bicicletta, per poter correre insieme al suo amico di sempre Abdullah e la sua determinazione la spinge a fare di tutto per raccogliere i soldi necessari e portare a termine la sua piccola grande impresa. In Arabia Saudita è sconsigliato alle ragazze di andare in bicicletta poichè si è diffusa la credenza che porti pericolose conseguenze sulla femminilità e la possibilità di procreare, e la regista Al Mansour ha preso come spunto questo particolare aneddotto della cultura del suo paese, per denunciare la condizione della donna araba che deve reagire e cercare di cambiare le cose. “Secondo me dobbiamo progredire e fare un passo avanti, non solo lamentarsi che l’Arabia Saudita sia un posto difficile per le donne. Voglio fare cose che mi piace fare, sono un artista e voglio raccontare storie emozionanti, storie umane che il pubblico può apprezzare. Questo film è anche sull’arte, sulla co-produzione e la comunione di due culture diverse. Una troupe tedesca e una araba che hanno lavorato insieme…interazione tra culture” – ha detto la regista durante la conferenza stampa al Lido.

Wadjda, interpretata dalla giovane Waad Mohammed alla sua prima esperienza sul grande schermo, non è solo una bambina con un grande sogno, ma è simbolo del cambiamento di un paese, soffocato dalle regole e dalle limitazioni, che piano piano cerca di aprirsi a nuove possibilità e di cambiare radicalmente, anche se la strada per farlo è difficile e impervia. Il cambiamento è una vera e propria sfida e la bicicletta non è altro che la manifestazione di questo. Come Wadjda ogni donna dell’Arabia Saudita dovrebbe reinventarsi e trovare il modo per mettere insieme le proprie forze e le proprie idee per sfondare quel muro spesso e duro che si è formato in tanti anni. Al Mansour realizza un film dolce, ma dirompente, emozionante e intenso, con delle vene umoristiche che rendono il tutto perfettamente amalgamato all’interno di una storia con un ritmo giusto che permette di seguirlo con facilità e coinvolgimento. Si versa anche qualche lacrima di pura commozione, non di infelicità. Tuttavia il vero motore di tutto il film è senza dubbio la piccola Wadjda e l’attrice emergente Waad Mohammed la rende adorabile e originale, come afferma la stessa regista: ” Lei non pensava di farcela ed era entusiasta della cosa. Ma noi non potevamo fare un casting allo scoperto in Arabia, ma mandavamo i talent scout a cercare i talenti. Qualcuno ce l’ha raccomandata ed è arrivata da noi e subito sembrava proprio la ragazzina che noi volevamo. Aveva questo spirito ribelle, per la vita, per la musica, aveva determinazione e ci ha stupito.” 

 

 

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