29° TFF: Le Vendeur, la recensione

 

 

Opera prima del canadese Sébastien Pilote, e presentato in anteprima all’ultimo Sundance Film Festival, Le Vendeur arriva per la prima volta in Italia all’interno del Concorso Ufficiale del 29° Torino Film Festival. Di certo non un film facile, che ruota attorno a tematiche già viste come la crisi economica, la solitudine di un uomo rimasto solo dalla perdita della moglie o le dinamiche familiari in una cittadina di periferia, ma trattate con eleganza e con occhio critico, mai banale. Il lungometraggio senza dubbio si affida molto alla bravura del protagonista, un commovente Gilbert Sicotte, volto non particolarmente noto a livello europeo ma indubbiamente capace, in grado di comunicare con grande carica enfatica anche solo attraverso un movimento degli occhi. Sì, perché le dinamiche di questo film si giocano sui lunghi silenzi, su pochi dialoghi e molti sguardi, gesti o parole accennate tramite le quali il regista vuole sottintendere il significato della sua sceneggiatura, il dramma, frammentato nei vari personaggi, che non sfocia mai nella banale compassione, ma suscita al contrario nello spettatore, un sentimento di profondo rispetto verso il protagonista, al centro delle vicende.

Girato a Dolbeau-Mistassini, Québec del Nord, città familiare al regista, la storia vede Marcel Lévesque (Gilbert Sicotte), un venditore d’auto perspicace e di talento, vicino alla pensione, che porta avanti la sue esistenza sorretto soltanto da tre cose, il suo lavoro, sua figlia Maryse (Nathalie Cavezzali) e suo nipote Antoine (Jérémy Tessier). È stato venditore del mese per anni nella concessionaria dove ha trascorso la sua intera carriera, in una città industriale in decadenza, nelle pareti del suo ufficio, ha appeso con ingenuo orgoglio le targhe al merito per qualche auto  venduta in più rispetto ai colleghi. Durante un lunghissimo inverno, la cartiera è di nuovo in fase di licenziamento, ma Marcel ha soltanto una cosa in mente, far si che la sua amata Detroit (il posto di lavoro) superi la sua cattiva sorte. Poi, un giorno, incontra François Paradis (Jean-François Boudreau), un operaio licenziato dalla fabbrica, anch’egli entrerà per forze di cose, a far parte degli altalenanti drammi che si alternano uno dopo l’altro, nell’esistenza del personaggio, portato però a dare prova della sua intramontabile umanità, messa certo a dura prova dalle circostanze.

Marcel ha raggiunto un punto di svolta nella sua vita, dove le sue relazioni sembra che stiano scomparendo, la famiglia, unica ragione di vita è gravemente compromessa. Come conseguenza diretta dei drammi personali, si ritrova preda dell’alienazione prodotto anche del lavoro che pratica ed alla quale cerca di affidarsi per continuare a vivere, tentando di non occuparsi realmente di ciò che gli accade intorno.

Un film che tratta di alienazione, senso di colpa, di religione e commercio d’auto con lo spettro della crisi economica che fa da sfondo, tutte tematiche accostate con semplicità e coerenza, senza la pretesa di inscenare drammi per suscitare qualsivoglia facile lacrima agli occhi dello spettatore. Sperando di vederlo presto distribuito anche nei circuiti italiani, auspichiamo possa essere aiutato dalla Giuria del Festival per ricevere maggiore visibilità anche all’interno del mercato di distribuzione.

Il trailer: