Seguendo le misere vicende di alcune coppie, Gigi dall’Aglio, che ne cura la regia, rende lo spettacolo un emblematico ritratto della contemporaneità, uno specchio delle tendenze mediatiche più degenerate dell’oggi. In scena si consumerà il dramma di una generazione che non ha più nulla da perdere, sfruttata da una società dello spettacolo in cui l’amore, la vita e la morte vissute in diretta sono date in pasto allo sguardo avido di un pubblico senza più alcuno scrupolo. Sul palcoscenico l’incontro dei due nuclei artistici dell’Ensemble Attori Teatro Due e di Balletto Civile, realizza un’inesorabile e crudele maratona di ballo, un talent/reality show ante litteram in cui i partecipanti, ieri come oggi, inseguono l’effimero sogno della fama e del denaro, sacrificando i sentimenti più privati, la genuinità delle proprie emozioni, e lasciando dietro di sé chi non tiene il passo e intralcia la lunga danza verso la notorietà e i mille dollari in contanti.
Siamo nella California dei primi anni ‘30, è in voga un genere crudele di spettacolo: maratone di ballo durante le quali coppie di giovani disperati senza lavoro ballano per giorni interi, attratti dal premio in denaro, dalla possibilità di farsi notare da qualche produttore cinematografico e teatrale, dal vitto e dall’alloggio assicurati per qualche tempo. Un vero e proprio gioco al massacro che portava i concorrenti fino ai loro estremi limiti fisici e psicologici e al completo esaurimento. Così si seguitava a ballare fino al punto di continuare in uno stato di semi-coscienza, sostenendosi l’uno al corpo dell’altro, senza riuscire a riposare durante le brevi pause in uno squallido dormitorio, mentre i pasti venivano consumati direttamente sulla pista da ballo. “Ecco come la salutiamo la depressione! Dateci sotto gente, diamo il via alle danze!” annunciava con incalzante cinismo il presentatore della serata. Ecco come provavano i giovani americani all’inizio dello scorso secolo a emergere delle difficoltà economiche e a penetrare il mondo dello spettacolo; come oggi, non avevano nient’altro che la propria gioventù, il proprio talento, la propria vita da offrire allo sguardo, al voyerismo del pubblico. Raccolti come animali nella pista da ballo (oggi facilmente uno studio televisivo), i miseri concorrenti cercavano di scalciare via la crisi, di salutare la depressione, provando disperatamente ad essere più forti, più giovani, più inarrestabili di lei.