Le interpretazioni sono magnifiche. Da un lato Peter Mullan che riesce a far emergere in maniera disarmante il lato più primitivo, oscuro e celato dell’animo umano, in un continuo conflitto con se stessi e con l’altro, sia questo amico, nemico o soconsciuto. La bontà è riservata solo a chi gli offre un sorriso; dall’altro Olivia Colman, splendida e commevente nei panni di una donna all’apparenza fragile e devota ma che nasconde anche lei una parte più aggressiva e profonda. Tyrannosaur vuole essere l’emblema di questo malessere, di una società perfetta solo in superficie ma che in realtà cela ben altro…. così come i suoi personaggi che alla fine risultano essere più vicini agli animali di quanto si possa pensare, attraverso un fil rouge che percorre tutto il film: <<Un cane può sopportare tutta una serie di punizioni, ma alla fine scatta e si ribella>>.
L’unico difetto del film? Peccato che non sia in concorso al festival