Costantemente presenti e soli, incastrati in un appartamento da cui noi non usciamo mai, percorrono gli ultimi passi assieme con trattenuto dolore, e spietata consapevolezza. Le uniche fughe dalle mura sono, come spesso accade in Haneke, nella mente, nel ricordo,e nel sogno. Unica presenza a entrare nella loro dimensione, a metterli in contatto con l’esterno, è la figlia ( Isabelle Huppert). Non una sbavatura, non un incertezza. Si viene lentamente assorbiti dalla quotidianità dei personaggi fino alla fine. Inesorabile come la decadenza fisica e mentale che sono costretti a vivere i protagonisti. Due interpretazioni quelle di Trintignant, (di cui si sentiva la mancanza), e della Riva che, forse anche per estrema immedesimazione, lasciano senza parole.