L’ancora di salvataggio del povero protagonista è la segretaria Marie (Donna Murphy), oggetto di sue frequenti allucinazioni nei momenti di panico che rappresenta l’unica persona in grado di ascoltarlo e capirlo veramente, forse a causa anche di un reciproco amore inconscio. Accompagnato da musiche ottimiste e positive, Abe cercherà in tutti i modi di scampare al suo destino di perdente, tentando, purtroppo senza successo, di essere il cavallo vincente su cui avevano tanto puntato i genitori. Dark Horse è sicuramente un film complesso, un’opera scritta e diretta con grande intelligenza che arriva perfettamente al punto per cui è stata creata: far pensare. La caratteristica peculiare dei film di Todd Solondz è proprio quella di lasciare un forte senso di amaro in bocca pur portando lo spettatore a ridere di gusto durante la proiezione, cosa abbastanza insolita ad Hollywood. Con Dark Horse Solondz
Le analogie tra le due opere sono tantissime, entrambi i protagonisti sono esteticamente brutti e poco desiderabili, con fratelli (nel caso di Abe) e sorelle (nel caso di Dawn) molto più attraenti e realizzati/e di loro ed entrambi sono inadeguati rispetto al canone della società a loro contemporanea. Entrambi cercano di realizzarsi senza successo ed entrambi falliscono. L’unica differenza tra le due opere è però l’approccio registico: se in Welcome to the Dollhouse Solondz ha utilizzato un tipo di ripresa “sporco” e poco luminoso, tipico del cinema indipendente, nell’ultimo Dark Horse il regista si è un pò abbandonato al cinema commerciale con riprese luminose e colori pastellati. Accompagnato da una colonna sonora perfettamente in linea con il film, Dark Horse scorre veloce nell’arco dei suoi 84 minuti, tra scene esilaranti di inadeguatezza del protagonista e visioni surreali, fino ad un tragico e malinconico epilogo. Recitato da un cast perfetto con un Christopher Walken e una Mia Farrow a dir poco eccezionali, Dark Horse vince ma non convince del tutto: molte sono le pecche infatti di questa nuova opera di Solondz, prima tra tutte quella di sembrare solo in parte un suo film. Il vero Todd Solondz è quello di Welcome to the Dollhouse, quel regista arrabbiato nei confronti della società, quel regista anticonformista che ti spiattella la realtà lasciandoti di sasso, quel regista che non utilizza uno stile visivo ampio e luminoso.
Il vero Todd Solondz è quello della intro e della fine di Dark Horse, uniche parti del film in cui si può trovare il suo stile malinconico e riflessivo. In conclusione Dark Horse rappresenta per Solondz un piccolo passo in avanti verso il cinema Hollywoodiano ma anche un grande passo indietro nei confronti del cinema solondziano andando a costituire un piccolo calo qualitativo nella sua filmografia.