Presentato in anteprima al Trieste Science+Fiction Festival, Il Demone dell’Acqua è il nuovo cortometraggio del giovane regista Cristian Tomassini e del gruppo Indivision, formato da una trentina di persone della provincia di Padova che, condividendo le proprie esperienze e spinti dalla passione comune, si sono riunite per fare cinema. Ad oggi hanno all’attivo una serie di cortometraggi ed una web serie (Onyros) ma contano di fare presto il grande passo con la realizzazione di un lungometraggio.
Il Demone dell’Acqua è un delirio onirico narrato per immagini estetizzanti e curate nel minimo particolare, di un giovane migrante che, durante la sua traversata per il Mediterraneo, si abbandona ad una fantasia distopica in cui è depositario di un potere enorme che può esercitare con il pugno di ferro. Abbiamo chiesto al regista Cristian Tomassini di parlarci di questo cortometraggio così inusuale e delle idee che intende sviluppare nel prossimo futuro.
Noi siamo partiti due anni fa pensando ad un “fashion film”, volevamo quindi fare una cosa basata sull’ estetica, come possono essere i corti e gli spot sulla moda. Poi, stimolato dalle frequenti notizie sui migranti di quel periodo, mi sono chiesto: “Perché non raccontare questo tema in maniera diversa da quello che farebbero gli altri ?”. Quindi rendere la questione del “viaggio” con uno stile psichedelico ed estetizzante. In Veneto si girano molti lavori in costume, anche indipendenti. Così ho deciso di girare anche io in costume, ma di fare una cosa completamente diversa e strana.
Vai fuori dal seminato e lasci alle persone la libertà di interpretare. Quando vedi il corto puoi anche non pensare al tema dei migranti e lasciarti trasportare dalla narrazione che è il flusso di un sogno, dove possono esserci anche elementi “nonsense”. Non me la sentivo di fare una cosa normale ed uguale a tante altre.
Sicuramente sì. Pensa anche solo ad un videoclip, che generalmente è anche più breve di un cortometraggio. Puoi raccontare qualsiasi cosa e quello che lasci alle persone è abbastanza paragonabile a quello che lasceresti con un film. Il cortometraggio è sintesi e forse proprio per questo è in grado di entrarti dentro in maniera efficace. Ma l’obiettivo certamente anche per noi è quello di girare un lungometraggio.
Secondo me il rischio è quello di essere strozzato. A meno che tu non sia un personaggio ed in quanto tale decida di puntare su te stesso, fai fatica ad avere successo. Sei nel mare magnum del web e quindi se non riesci ad emergere ti vedranno solo le persone che fanno parte della tua cerchia sui social. C’è tantissima roba online e questo rende necessario creare “il caso” su quello che realizzi. Secondo me internet è tanto utile per vedere quello che fanno gli altri, imparare cose e vedere lavori che dieci anni fa non potevi trovare. È utile come scuola, ma secondo me è abbastanza impossibile pensare di diventare famosi esclusivamente con prodotti online.
Il cortometraggio è girato con lenti anamorfiche e quindi richiama un po’ il cinema degli anni ’70 ed in parte degli anni ’80, con quel tipo di riflessi nella lente e quel particolare effetto di sporco. Però c’è una fotografia basata su quello che poteva essere il cinema del primo Dario Argento, con Suspiria e quei contrasti di colore forti ed accentuati, ma anche quello di Mario Bava. È uno stile che negli ultimi due o tre anni è stato usato parecchio anche negli spot, con contrasti ed inquadrature simmetriche, ed è anche quello che fa un po’ Refn con i suoi film. Abbiamo cercato un po’ di imitare la pubblicità ma c’è dentro anche una componente fumettistica. Il protagonista sarebbe perfetto anche per un fumetto e ci sono parecchie inquadrature statiche che si compongono come se fossero delle tavole.
Le musiche certamente richiamano il synth-pop degli anni ’80. Ma il lavoro di Marco Campana, il nostro sound designer, è stato quello di doppiare i suoni dell’acqua e del naufragio. Qualsiasi cosa tu senti nel corto è stata rifatta da lui nel suo studio. Lui è un tipo che può farti un pezzo di musica utilizzando dei circuiti di una stampante. Io non so come faccia, è incredibile ! Durante la realizzazione mi mandava delle foto del suo lavoro ed io rimanevo incredulo: usava stracci bagnati, spugne ed altre cose per replicare il rumore delle gocce d’acqua. Poi abbiamo fatto anche un giro in barca per riprendere i suoni del mare da poter utilizzare per il naufragio.
Il messaggio sociale è che l’essere umano non è dualisticamente buono o malvagio. Quello che muove le persone è la potenza e l’aspirazione al controllo sugli altri, non certamente la ricerca della felicità. Il corto rappresenta proprio quell’eccesso di potere. Si sogna sempre di diventare il più potente possibile, ma non è una bella cosa. Spesso è meglio rimanere quelli che si è già.
Il problema principale sono i soldi. Ma chi è disposto a darti i soldi se non hai una distribuzione ? È un gatto che si mangia la coda ed è certamente un grosso guaio. Se avessi la sicurezza che poi il film esce in duecento sale è ovvio che cercherei in ogni modo di trovare i soldi. Qua in Italia si sta tornando a fare cinema di genere però i progetti indipendenti faticano a trovare i finanziamenti necessari. Puoi anche decidere di ricorrere al crowdfunding per un corto, ma per un lungometraggio si parla di cifre troppo elevate. Quindi il crowdfunding può solo aiutare ma difficilmente può arrivare a coprire il budget necessario.
Ho in mente tante storie diverse. Ad esempio pensavo ad una specie di revenge movie ambientato nei pressi di un fiume vicino casa mia. Anche quello girato valorizzando la componente estetica. Uno slasher che non sia sporco come il classico film anni ’70 ma molto pulito. Non ho però una sceneggiatura pronta anche se so che prima o poi dovrò scrivere questa cosa qui. Ho invece scritto un cortometraggio su di un ragazzo che finisce suo malgrado in un appartamento di spacciatori e che sarà coinvolto in una spirale action ed in una serie di accadimenti impensabili. Una specie di poliziottesco.