Giulio Carlo Argan, uno dei più celebri storici dell’arte italiani, diceva di lui: “la poetica di Munch è direttamente o indirettamente collegata con il pensiero di Kierkegaard, che soltanto nei primi decenni del Novecento comincerà ad essere conosciuto in Germania: si deve dunque a Munch, che soggiornò più volte in Germania, la spinta ‘esistenzialista’ che farà nascere l’Espressionismo, che è nato infatti nel nome e sotto il segno della sua pittura”. La mostra londinese, Edvard Munch, l’occhio moderno, sino al 14 ottobre alla Tate Modern, è un modo per apprezzare le opere di questo geniale pittore. In mostra, peraltro, per la prima volta tutte rigorosamente insieme, le sei versioni della Donna che piange.
Di Stefano scrive: “Come Kafka, anche Munch non cessa mai di sentirsi misteriosamente colpevole e perseguitato dai propri spettri. E nei suoi quadri non farà altro che ‘scrivere’ e ‘riscrivere’ la sua vita: un’autobiografia dell’anima per immagini, o meglio un’anatomia delle catastrofi dell’Io, impridente nell’intensità, provocante nei mezzi. Chi guarda sbatte contro quell’ansia e vi riconosce la propria: non vi è dubbio che tra i pittori, Edvard Munch è colui che più di ogni altro, ha saputo dare volto alla psiche moderna”. Dunque una mostra imperdibile su uno degli uomini, prima che artisti, capace di cambiare lo sguardo dell’occidente.