All’interno della sezione CineMAXXI è stato presentato Centro Històrico, film collettivo realizzato da quattro diversi registi europei: Aki Kaurismaki, Pedro Costa, Manoel De Oliveira e Victor Erice. Ogni regista ha raccontato, attraverso una storia originale, la città di Guimaraes, mantenendo ognuno i tratti distintivi della propria poetica cinematografica. Nella tarda mattinata di questo primo giorno del Festival di Roma, Pedro Costa, Victor Erice e Aki Kaurismaki hanno incontrato la stampa per raccontare il loro lavoro.

1) Victor Erice, lei ha cominciato con altro dal documentario. Come mai ha scelto di fare tutte interviste in primo piano, scelta coraggiosa se si pensa al rischio di un calo di attenzione dello spettatore?

Victor Erice: Io non distinguo il cinema di finzione dal documentario, quanto invece la differenza tra reportage televisivo e documentario. Tutti i film sono fiction. ‘Il cinema è una fantasma della realtà’ come ha detto una volta il Maestro De Oliveira. Ho voluto dare nel film lo stesso valore a tutte le persone intervistate, con la stessa inquadratura e lo stesso trattamento formale.

2) Avete trattato il tema del turismo con un’interpretazione personal, con un modo di vedere la realtà coerente con il vostro lavoro già realizzato?

Pedro Costa: Quando mi hanno invitato per girare questo film, non ho avevo voglia di girare a Guimaraes, non perchè sia un luogo nemico, ma perchè di solito sono in un piccolo quartiere nei dintorni di Lisbona, dove ho girato la maggior parte dei miei film. Ho chiesto se potevo girare lì e alla fine ho scelto un ascensore per evitare proprio il problema.

Aki Kaurismaki: Ovviamente il ristorante dove ho girato il mio episodio non aveva clienti, quindi parlare di turismo non mi sembra il caso. Ho partecipato a questa produzione grazie alle persone che ci hanno incastrato. In ogni famiglia ci deve essere sempre un clown e sono io in questa occasione, sono quello che non è tanto intelligente ma parla tanto. Ho messo tutte le conoscenze del Portogallo visto che vivo da 23 anni lì ed è impossibile che da vecchi si diventi così stupidi. Mio padre è stato un operaio e quindi ho avuto l’esperienza diretta di questo tipo di mondo. Improvvisamente la fabbrica si trasferì dalla Finlandia al Portogallo e ci fu un momento di svolta e la fine di un’era.

Victor Erice: Per me era la prima volta che mi recavo a Guimaraes e ho avuto la possibilità in questa occasione e per vedere l’industria tessile, prima fonte di reddito della regione. La fabbrica del film è stata una nave ammiraglia del settore nel 19° secolo. Ma il motivo più importante che mi ha spinto a fare questo film è stata una fotografia delle mense della Filanda. Da una parte la mensa abbandonata e dall’altra la foto della mensa. La foto stava lì e lo scenario era reale, io come regista non  ho fatto niente, non c’è stato alcun intervento di scenografia. Dopo ho voluto conoscere gli ex lavoratori della fabbrica, ho registrato i loro ricordi e il girato doveva durare una 30ina di minuti , poi è diventato 35. Si tratta di un progetto con la base del reportage trasformato in oralità spontanea e io volevo fare proprio questo. La scrittura definitiva del testo con le esperienze della loro vita e ho provato molto con loro, come si fa solitamente con gli attori. Non ho voluto fare un film su di loro ma con loro!

3) Possiamo affermare che ci sia un cinema europeo, come una polifonia del modo di fare un film?

Aki Kaurismaki: Non polifonia ma catastrofia!

Victor Erice: Noi apparteniamo ad una famiglia di cineasti europei e, come tali, viviamo in una condizione di solitudine. Ma quando ho saputo di questo film insieme, è stato un fattore per me decisivo. Con loro ci vediamo in questa piccola famiglia senza nessun tipo di presunzione. E l’interesse per il cinema è particolare…oserei dire, crepuscolare.