Venezia 80: In the Land of Saints and Sinners | Liam Neeson nel lato oscuro e violento dell’Irlanda

Liam Neeson in In the Land of Saints and Sinners (fonte: Biennale)
Liam Neeson in In the Land of Saints and Sinners (fonte: Biennale)

Presentato nella sezione Orizzonti Extra della 8oesima Mostra del Cinema di Venezia, In the Land of Saints and Sinners è un revenge movie dalla sceneggiatura molto tradizionale, valorizzato però da una cura e una precisione nella messa in scena che ne mettono a nudo i meccanismi.

Venezia 80: In the Land of Saints and Sinners | Liam Neeson nel lato oscuro e violento dell’Irlanda
3.4 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Irlanda, anni Settanta. Ansioso di lasciarsi alle spalle il proprio oscuro passato, Finbar Murphy (Liam Neeson) conduce una vita tranquilla nella remota cittadina costiera di Glencolmcille, almeno fino a quando una minacciosa banda di terroristi della IRA, guidati da una donna spietata di nome Doirean, non arriverà innescando un gioco del gatto con il topo sempre più crudele. Finbar, a quel punto, dovrà scegliere se rivelare la sua identità segreta o difendere i suoi amici e vicini.

Il fascino principale di un film come In the Land of Saints and Sinners sta nella scelta di Robert Lorenz (storico produttore di Clint Eastwood, passato poi dietro la macchina da presa) di sfruttare al massimo la peculiare ambientazione della storia per dare un tocco di novità a quello che, in fondo, è un classico canovaccio cinematografico di vendetta e redenzione (che in Neeson ha trovato negli anni uno dei suoi volti principali). L’idea, quindi, è quella di traslare la narrazione in un contesto generalmente alieno a quel tipo di storie e di racconti – tradizionalmente americani – e di giocare con i continui rimani da un immaginario all’altro.

Liam Neeson in In the Land of Saints and Sinners (fonte: Biennale)
Liam Neeson in In the Land of Saints and Sinners (fonte: Biennale) – Newscinema.it

E così, scegliendo la contea di Donegal in Irlanda come ambientazione del film, si concede la possibilità (e il piacere) di arricchire una sceneggiatura molto tradizionale – per usare un eufemismo – con una cura e una precisione per la veridicità dei luoghi e ovviamente dei personaggi che li abitano (così come per i loro indumenti, le macchine che utilizzano, le cose che mangiano, bevono e coltivano).

Per far questo, Lorenz mette insieme un cast interamente composto da attori e attrici irlandesi (così come la troupe che si è occupata del film), lavorando con loro per restituire allo spettatore una sensazione di accuratezza e autenticità che in questo genere di film quasi sempre manca e che qui invece costituisce la base su cui costruire poi tutto il resto.

Un thriller irlandese

Liam Neeson (già diretto da Lorenz in Un uomo sopra la legge) recupera tracce del personaggio di Bryan Mills della trilogia di Taken, ma lo colloca in uno spazio (geografico e mentale) che è quello tipico del cinema di McDonagh e Jim Sheridan. Pur essendo ambientato – come Gli Spiriti dell’Isola – in un villaggio troppo lontano da tutto per essere scalfito dalla cronaca, con distese di vegetazione che si vanno a buttare nel mare da scogliere minacciose, qui la guerra (quella civile che ha insanguinato l’Irlanda per trent’anni) non rimane una nuvola di fumo da osservare in lontananza, ma irrompe fragorosamente nella vita di un’apparentemente ordinaria comunità rurale, che però nasconde anch’essa, sotto il verde dei boschi, una storia di sangue e di violenza.

Sfruttando una figura archetipica come quella del “sicario” (su cui Richard Linklater ha adesso costruito un intero film per svelarne l’origine assolutamente fittizia e ingannevole), Lorenz ne amplifica la natura puramente cinematografica e irrealistica facendo lavorare il suo “hit man” in un luogo che ancora di più rende evidente i meccanismi narrativi delle storie che lo riguardano, svelandoli allo spettatore.