Tutto tutto niente niente, la recensione del nuovo film con Antonio Albanese

Nel 2011 Qualunquemente fu un successo clamoroso di pubblico e di critica, arrivando ad incassare in un mese di programmazione la bellezza di 15 milioni di euro e divenendo uno dei maggiori incassi della stagione. Ad un anno di distanza Antonio Albanese ci riprova. Questa volta, però, facendosi in tre. Se Cetto La Qualunque era l’emblema del politico corrotto e dell’imprenditore sgrammaticato, arrivano a fargli compagnia due nuovi personaggi tutti da scoprire. Accanto a lui, infatti, incaricati di salvare il destino del nostro Paese, ci sono Rodolfo Favaretto e Frengo Stoppato. Un nordista estremo alle prese con il sogno secessionista e un giovane adepto alle sostanze stupefacenti. Tre facce di una stessa medaglia, l’Italia, raccontate con la pungente ironia di uno dei più bravi attori comici del momento. Ma cosa c’è dietro questi tre uomini prelevati direttamente dalla galera e divenuti deputati nello stesso giro di giostra? A tirare i fili della politica romana è il Sottosegretario, interpretato magistralmente da Fabrizio Bentivoglio, al servizio del Presidente del Consiglio, Paolo Villaggio a cui è riservato un ruolo minore. È proprio lui a muovere i destini della politica e di Cetto, Olfo e Frengo. A questi tre uomini sarà concesso il lusso e lo sfarzo della ricchezza, in cambio però dovranno obbedire agli ordini del Sottosegretario e della sua assistente. Impresa più ardua del previsto, destinata a lasciare l’amaro in bocca a tutti quanti.

Antonio Albanese, diretto ancora una volta da Giulio Manfredonia, porta sul grande schermo le crisi e gli isterismi di un Paese alla deriva. Ironia e satira si incrociano nella narrazione di vizi e virtù dell’uomo medio italiano. C’è il politico corrotto, colluso con la mafia, in cui prende corpo il binomio di sesso e potere. Per Cetto la crisi dell’uno coincide con l’insuccesso nell’altro. C’è  l’uomo del Nord, quello per il quale “l’Italia è una e indivisibile, da Rovigo a Cortina”, quello che con i neri non ci parla ma che, per campare, è costretto a commerciare i migranti clandestini. C’è il ragazzo, cresciuto sulla base dei principi della fede da una madre troppo ingombrante e con una sorella troppo credente, che vive di stupefacenti e cannabis. È l’Italia delle contraddizioni, dei compromessi, delle scappatelle, delle vie di fuga, delle frodi, delle meschinità, dei sotterfugi, dei finti moralismi quella che va in scena in Tutto tutto niente niente. “Questa è una storia d’amore perché io amo il mio Paese, per questo ci sono delle leggerissimi contestazioni” ha affermato Albanese durante la conferenza stampa di presentazione tenutasi a Roma. “Noi volevamo fare un film comico e lo abbiamo scritto un anno e mezzo fa e ci siamo divertiti ad usare Cetto, Frengo e Olfo. Volevamo puntare sulla risata, sul movimento fisico e abbiamo cercato di rendere assurdi questi tre personaggi parlando di tre temi che loro affrontano in maniera sbagliata. Ma, evidentemente, non ci siamo appoggiati all’attuale situazione politica”.

Tutto tutto niente niente è un film corale ben riuscito. Dai costumi alle musiche, curate dal compositore siciliano Paolo Buonvino, ogni dettaglio contribuisce a rendere la storia di una tragicomicità surreale, eppure a tratti sorprendente reale. “In entrambi i film c’è un riferimento al momento che viviamo ma non c’è un riferimento alla cronaca. È satira. Io odio Cetto e quel che rappresenta. È una visione negativa come lo sono Olfo e Frengo. Forse sì, stiamo trattando la politica di questi giorni ma a me interessa più che altro trattare il sociale”, ha continuato Albanese. Nota di merito a tutto il resto del cast con due interpretazioni da applausi. Fabrizio Bentivoglio è straordinario nel ruolo del sottosegretario: “Antonio mi ha chiamato per dirmi che c’era il nuovo personaggio del sottosegretario lisergico e io gli ho detto: Bene, lo farò io! Siamo amici da anni, non potevo tirarmi indietro”. La devota e pia mamma di Frengo è invece l’incantevole Lunetta Savino: “anche per me è stato un divertimento assoluto. Pratico la commedia da anni ma questo personaggio è diverso. È una maschera perché prende spunto dai sintomi della realtà. Il lavoro che si fa con Antonio è interessante perché si parte da una caratterizzazione fisica, di costume, che viene dal teatro”.

Brillante e pungente al punto giusto, Antonio Albanese non perde un colpo. Cambia costume senza mai perdere la credibilità. Passa da un personaggio all’altro con la stessa verve e la stessa caratterizzazione per ciascuno di essi. È perfetto in ogni mossa, in ogni accento, in ogni  messa in scena. Vedi quei tre personaggi, uno di fianco all’altro, seduti di fronte al sottosegretario e non ti poni mai il dubbio di chi vi sia dietro ognuno. D’altra parte, per Albanese questa è l’ennesima conferma. A proposito, ma i tre parlamentari del film come si esprimerebbero sulla caduta dell’attuale governo? “Ma no, la caduta di governo è solo a scopo promozionale. Dai, si capiva, era lampante”. Come sempre Albanese chiosa con una satira ed un’ironia tragica al punto giusto.

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