Giffoni 44°: Exit Marrakech, perdersi per ritrovarsi nel Marocco più profondo

Dalla regista tedesca Caroline Link, premio Oscar 2003 con Nowhere in Africa (Nirgendwo in Afrika) per il miglior film straniero, dopo una precedente candidatura per il suo primo lungometraggio nel ’98, arriva al Giffoni Film Festival Exit Marrakech, in concorso nella sezione Generator +16.

exitIl protagonista è Ben (Samuel Schneider), un diciassettene cresciuto con la madre (Marie-Lou Sellem), una nota concertista, e che ha sempre avuto contatti soltanto sporadici e distratti con il padre Heinrich (Ulrich Tukur), un regista teatrale donnaiolo ed egocentrico, che non conosce nulla della vita e dei pensieri del figlio. Ben è un ragazzo cresciuto nel benessere, ma che conosce la sofferenza: non soltanto il dolore della solitudine e della famiglia dissolta, ma anche la fatica di una malattia come il diabete, che con la sua silente minaccia quotidiana lo costringe ad una vita estremamente controllata. Il ragazzo raggiunge il padre a Marrakech, per accompagnarlo in una tournè del suo ultimo spettacolo teatrale, e questa forzata vicinanza fa emergere in maniera dirompente le ferite nate dall’assenza di un uomo tanto colto e talentuoso quanto indifferente e preso da se stesso. Ben, attratto dalla vita intensa che anima l’affollata città, brulicante e colma di contraddizioni, spezza la barriera invisibile che separa i ricchi ospiti del suo lussuoso hotel dalla povera gente della strada, e si lancia in una esplorazione della città. Con una spontaneità assoluta, affamata di esperienze, vacillante sullo stretto confine tra ingenuità e innocenza, Ben prima si spoglia dei suoi abiti per regalarli ai poveri come un novello Francesco, poi incontra Karima (la bella attrice francese di origine algerino-tunisina Hafsia Herzi, già ammirata in Cous Cous di Abdellatif Kechiche), una ragazza di campagna che mantiene tutta la famiglia rimasta sui monti dell’Atlante facendo la prostituta. Con impulsività Ben segue Karima nel suo ritorno a casa nel Marocco più profondo, trovandosi proiettato in un mondo povero, antico e differente, dove il padre lo insegue per riportarlo con sé. I due si incontreranno, iniziando un percorso di ritorno che porterà drammaticamente allo scoperto tutti i nodi del loro irrisolto rapporto.

Stregata dal Marocco vent’anni fa, la Linke lo ha ripercorso entrando nelle sue viscere più profonde, ottenendo dal Re Muhammad il permesso di girare in zone chiuse ai visitatori stranieri, dove gli abitanti, poverissimi, sono ancora capaci di dividere il loro pochissimo con il viandante. Il giovane attore che interpreta il protagonista, il diciannovenne Samuel Schneider, già al suo undicesimo film, presta un volto mobilissimo alle emozioni di Ben, che nonostante il suo bisogno di ribellione resta un ragazzo aperto e sensibile, capace di aprire il cuore alla comprensione dell’altro. Questa è probabilmente l’unica chiave possibile per giungere ad una pacificazione interiore. La Linke infatti, intenzionata, come ha dichiarato, a portare in primo piano una difficoltà che accompagna ormai la crescita di una intera generazione, la ricerca di una relazione e di una identità all’interno di famiglie che non riescono più ad essere tali, mantiene comunque uno sguardo alto, luminoso, fiducioso della possibilità di poter crescere, progredire e anche salvarsi attingendo alle proprie risorse migliori. Non a caso ha affidato la parte a Schneider che, come egli stesso ha raccontato durante il dibattito con i giovani giurati del festival, è figlio di genitori separati, madre tedesca e padre turco, e porta dentro di sé i segni di culture differenti. Lo stesso Marocco infatti, con la sua tradizione così diversa e piena di fascino, sembra fare da detonatore all’esplosione del conflitto interiore di Ben ed anche del conflitto esplicito tra padre e figlio. 
E pare quasi che la stessa immensità del paesaggio marocchino, che è il terzo e silenzioso protagonista del film, unitamente alla profonda umanità e solidarietà dei più poveri, sia capace di suscitare nei personaggi la capacità di conoscere la forza liberatrice del perdono, non solo l’uno verso l’altro, ma anche verso se stessi.

Ci auguriamo che il film trovi una distribuzione italiana, per la sua bella sceneggiatura (della Linke), la sua fotografia e le sue splendide locations, ma soprattutto per l’intensità di una storia che può parlare con immediatezza a molti spettatori.