Dalla regista tedesca Caroline Link, premio Oscar 2003 con Nowhere in Africa (Nirgendwo in Afrika) per il miglior film straniero, dopo una precedente candidatura per il suo primo lungometraggio nel ’98, arriva al Giffoni Film Festival Exit Marrakech, in concorso nella sezione Generator +16.
Stregata dal Marocco vent’anni fa, la Linke lo ha ripercorso entrando nelle sue viscere più profonde, ottenendo dal Re Muhammad il permesso di girare in zone chiuse ai visitatori stranieri, dove gli abitanti, poverissimi, sono ancora capaci di dividere il loro pochissimo con il viandante. Il giovane attore che interpreta il protagonista, il diciannovenne Samuel Schneider, già al suo undicesimo film, presta un volto mobilissimo alle emozioni di Ben, che nonostante il suo bisogno di ribellione resta un ragazzo aperto e sensibile, capace di aprire il cuore alla comprensione dell’altro. Questa è probabilmente l’unica chiave possibile per giungere ad una pacificazione interiore. La Linke infatti, intenzionata, come ha dichiarato, a portare in primo piano una difficoltà che accompagna ormai la crescita di una intera generazione, la ricerca di una relazione e di una identità all’interno di famiglie che non riescono più ad essere tali, mantiene comunque uno sguardo alto, luminoso, fiducioso della possibilità di poter crescere, progredire e anche salvarsi attingendo alle proprie risorse migliori. Non a caso ha affidato la parte a Schneider che, come egli stesso ha raccontato durante il dibattito con i giovani giurati del festival, è figlio di genitori separati, madre tedesca e padre turco, e porta dentro di sé i segni di culture differenti. Lo stesso Marocco infatti, con la sua tradizione così diversa e piena di fascino, sembra fare da detonatore all’esplosione del conflitto interiore di Ben ed anche del conflitto esplicito tra padre e figlio. E pare quasi che la stessa immensità del paesaggio marocchino, che è il terzo e silenzioso protagonista del film, unitamente alla profonda umanità e solidarietà dei più poveri, sia capace di suscitare nei personaggi la capacità di conoscere la forza liberatrice del perdono, non solo l’uno verso l’altro, ma anche verso se stessi.
Ci auguriamo che il film trovi una distribuzione italiana, per la sua bella sceneggiatura (della Linke), la sua fotografia e le sue splendide locations, ma soprattutto per l’intensità di una storia che può parlare con immediatezza a molti spettatori.