TFF 38 | Gunda, parabola animalista tra poesia e realismo

Il nuovo film di Viktor Kosakovskiy è stato definito da Paul Thomas Anderson come “ciò a cui tutti dovremmo aspirare come registi e pubblico”. Joaquin Phoenix l’ha voluto co-produrre. Adesso è al Torino Film Festival, che si svolgerà online fino al 28 novembre. Ecco cosa rende Gunda così speciale.

Gunda al Torino Film Festival

Cosa è Gunda? Un film in bianco e nero senza esseri umani e senza parole, in cui nessuno parla perché gli unici essere viventi in campo sono gli animali di una fattoria. Al centro del racconto c’è una scrofa che ha appena dato alla luce dei cuccioli. In teoria sarebbe un documentario, ma nella pratica è qualcosa di totalmente diverso: è un film fatto di immagini riprese davvero e non “messe in scena”, prive di una trama e di un intreccio di finzione, ma che finge di essere ambientato in un unico cortile (quando invece sono almeno tre ambienti diversi) e in più è caratterizzato da una cura pazzesca per l’estetica e da un lavoro sul sonoro (dichiaratamente falso e ritoccato) che lo proiettano su un altro livello, che non è quello della documentazione, bensì quello della trasfigurazione della realtà in qualcosa di differente.

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Cinema di prossimità

Pensare la prossimità significa pensare l’eccedenza di senso, poiché quando si è in una tale condizione di vicinanza il pensiero pensa più di quanto possa pensare. Il sensibile non si pone così in opposizione al razionale, non costituisce quella dimensione che la riflessione può arginare e dominare o il negativo che la conoscenza riordina nel sapere, ma, un’originaria affezione, relazione con gli altri (in questo caso gli animali del film), che è espressione e linguaggio. Pertanto la scelta di concentrare l’attenzione sulla sensazione che immagini come quelle di Gunda producono senza raccontare davvero qualcosa, descrive la sensibilità come l’accadere di un contatto e, per questo, viene pensata innanzitutto attraverso il senso del tatto e della vicinanza a ciò che si osserva.

gunda il film

La prossimità si colloca in questo accadere «senza intenzione», perché l’evento dell’avvicinarsi agli altri è originario, primario, rispetto a qualsiasi “coscienza di” da parte dello spettatore. Ma prossimità, in senso propriamente cinematografico, implica anche un’esclusione dal campo del visibile. Per questo alcune informazioni sugli animali ripresi da Kosakovskiy sono nascoste quando la macchina da presa si avvicina ai soggetti che deve riprendere e si rivelano solo successivamente: le etichette degli animali, così come le recinzioni che ne delimitano la libertà. 

Appeal commerciale?

Andando avanti nella visione è infatti sempre più evidente che una gran parte del successo americano e dello status che questo film ha conquistato dalla Berlinale al Festival di Torino (non a caso è stato acquistato da Neon, società che ha distribuito in America film come I, Tonya, Parasite, Vox Lux, Honeyland o Borg McEnroe) viene dal suo essere in maniera indiretta una grandissima parabola vegana. Era infatti da parecchi anni che Viktor Kosakovskiy cercava di mettere insieme il budget per il film. Ci è riuscito solo quando Joaquin Phoenix ha deciso di accettare l’Oscar con un discorso animalista che l’ha reso il vegano più noto del pianeta.

I co-produttori hanno fatto di tutto per raggiungerlo e lui, viste le prime immagini e capito il punto del film, l’ha immediatamente appoggiato diventando produttore esecutivo. Ma l’endorsement più pesante è stato forse quello di Paul Thomas Anderson, che l’ha definito: “Puro cinema, un film dentro il quale tuffarsi. È spogliato fino ai suoi elementi essenziali, senza interferenze. È quello a cui tutti dovremmo aspirare sia come pubblico che come filmmaker – immagini e sonoro messi insieme per raccontare una storia profonda e potente senza fretta. Le immagini strabilianti e il sono uniti al cast migliore possibile formano più una pozione che un film”. Neon ha ovviamente inserito la dichiarazione di Anderson nel trailer del film, facendone uno dei principali strumenti di promozione.