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Da Cannes al box office: i film premiati diventati successi (o clamorosi flop)

Vincere la Palma d’oro vuol dire, nella maggior parte dei casi, entrare nell’Olimpo del cinema. Però non sempre le cose vanno come si spera e non è raro che anche alcuni film vincitori del prestigioso riconoscimento non abbiano poi avuto grande successo in sala o si siano attirati le antipatie del pubblico per aver trionfato su altri candidati ritenuti più meritevoli.

Ripercorriamo la storia del Festival di Cannes attraverso cinque grandi successi, opere che sono diventate iconiche dopo aver trionfato sulla Croisette, e altrettanti flop, ovvero film che non sono riusciti a consolidare il loro status nonostante la Palma d’oro.

I grandi successi di Cannes

Parasite

Il film ha incassato in Corea del Sud l’equivalente di 73 milioni di dollari statunitensi e altri 185 milioni nel resto del mondo, per un totale di 258 milioni di dollari. È diventato il film di maggiore incasso del regista Bong Joon-ho e il film coreano più visto di sempre. Dopo la vittoria a Cannes, Parasite ha trionfato agli Oscar, in un’edizione da record. Anche in Italia il film ha incassato benissimo: in totale più di 5,7 milioni di euro.

Pulp Fiction

Pulp Fiction fu accolto immediatamente in maniera positiva, sin dall’anteprima del maggio 1994 al Festival di Cannes, dove ottenne la Palma d’oro. Ancora più entusiastica l’accoglienza del pubblico, che lo considerò subito un film destinato a diventare un cult, come poi è stato. Molti critici influenti, come Siskel e Roger Ebert, paragonarono il successo che Tarantino ottenne con Pulp Fiction con quello che Orson Welles ottenne dopo la distribuzione di Quarto potere.

Pulp Fiction
Pulp Fiction – Newscinema.it

Apocalypse Now

Il film di Coppola vinse la Palma d’oro ex aequo con Il tamburo di latta di Volker Schlöndorff. Pare che la United Artists fosse contraria a proiettare il film un mese e mezzo prima dell’uscita americana, ma Coppola però ebbe buon gioco nel rammentare alla casa di produzione il riconoscimento ottenuto, nel 1974, dal suo La conversazione proprio al Festival di Cannes.

Il regista organizzò tre anteprime con versioni leggermente differenti tra loro per promuovere il film. La sera prima della proiezione a Cannes, i tecnici della Zoetrope installarono altoparlanti supplementari sulle pareti, in modo da far udire adeguatamente il suono di Murch.

La Dolce Vita

Il distributore affermò che il film non avrebbe incassato una lira perché troppo pesante per il pubblico e invece La dolce vita riuscì, dopo la vittoria a Cannes e solo nei primi quindici giorni di programmazione, a coprire gli 800 milioni spesi dal produttore. Al successo commerciale della pellicola contribuì l’intensa campagna pubblicitaria e il clima incandescente delle critiche.

In Francia la stampa mostrò un consenso pressoché generalizzato e parlò del film in maniera entusiasta, mentre in Spagna il film fu proibito dalla censura franchista e fu possibile vederlo solo nel 1981, dopo la morte di Francisco Franco (avvenuta nel 1975).

Taxi Driver

La vittoria al Festival di Cannes del 1976 consacrò Scorsese come uno dei maggiori cineasti della nuova ondata americana. Il film fu poi candidato a quattro premi Oscar, inclusa la categoria di Miglior film nel 1977. L’American Film Institute lo collocò al 52esimo posto tra i 100 migliori film di tutti i tempi, mentre si è classificato al 17esimo posto nella lista dei 500 migliori film della storia secondo la rivista britannica Empire.

Nel 2012 è stato inserito al 31esimo posto, ex aequo con Il padrino – Parte II, nella classifica dei migliori film di sempre redatta dai critici e pubblicata dalla rivista inglese Sight and Sound, mentre in quella redatta dai registi si trova addirittura al quinto posto.

I flop di Cannes

Keeper of Promises

François Truffaut era uno dei giurati dell’anno in cui vinse questa oscura favola religiosa brasiliana, basata su un’opera teatrale e ricca di dialoghi (sostanzialmente un film tutto girato sui gradini di una chiesa). Probabilmente il vincitore della Palma più strano della storia, successivamente candidato all’Oscar per il miglior film in lingua straniera.

Nonostante tutto ciò, non fu distribuito negli Stati Uniti e a malapena nel resto del mondo fino al 1964. Rimane l’unico vincitore brasiliano nella storia del festival e l’unico dei film di Duarte ad avere avuto una notorietà significativa all’estero.

La stanza del figlio

Lo diciamo subito: amiamo La stanza del figlio di Nanni Moretti. Nonostante ciò, è facilissimo trovarlo menzionato in tutte le classifiche internazionali sulle peggiori Palme d’oro mai assegnate. Il perché è presto detto: quell’anno il film di Moretti ebbe la meglio su opere che sarebbero poi diventate dei veri e propri classici.

Per citarne solo alcune: Mulholland Drive, Millennium Mambo, La pianista, L’uomo che non c’era e persino Shrek. Dal punto di visto del successo del pubblico, ovviamente il film non è andato bene come gli altri precedentemente citati e anche in Italia si classificò solo al 21esimo posto tra i primi 100 film di maggior incasso della stagione cinematografica italiana 2000-2001.

Dheepan

Letto da molti come un premio alla carriera per Jacques Audiard, che in precedenza aveva vinto due importanti premi al festival (Miglior sceneggiatura per Un héros très discret e Grand Prix per Un Profeta), ma mai quello principale, la vittoria di Dheepan nel 2015 è avvenuta nonostante in concorso ci fossero pesi massimi del calibro de Il figlio di Saul, The Assassin, Carol e The Lobster. Una scelta veramente bizzarra, considerando anche che Dheepan non è sicuramente il miglior film della carriera di Audiard.

Sotto il sole di Satana

La Palma d’Oro vinta da Maurice Pialat per Sotto il sole di Satana nel 1987 è stata così controversa che la folla fischiò il regista una volta salito sul palco per ritirare il premio, spingendolo a girarsi e a gridare verso la platea: “Non mi piacete nemmeno voi!”. Quell’anno vinse su Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, La Famiglia di Ettore Scola e Prick Up – L’importanza di essere Joe di Stephen Frears. Il film di Pialat è probabilmente uno dei vincitori della Palma d’Oro più odiati pubblicamente di tutti i tempi.

La legge del Signore

Non fraintendeteci, William Wyler è uno dei registi più influenti del 20esimo secolo. Eppure, assolutamente nessuno (e intendiamo proprio nessuno) nominerebbe La legge del Signore del 1956 come uno dei suoi migliori rispetto a classici come Strada sbarrata del 1937 o Vacanze romane del 1953, per citarne solo due. In più, quell’anno Wyler vinse su capolavori come Il settimo sigillo di Ingmar Bergman, Le notti di Cabiria di Federico Fellini e Un condannato a morte è fuggito di Robert Bresson.

Davide Sette
Davide Sette
Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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