Silenzio!, intervista esclusiva al regista Teddy Lussi-Modeste

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Teddy Lussi-Modeste, regista di Silenzio! (Foto: Ufficio stampa) - Newscinema.it

Con l’uscita in sala (27 febbraio) del suo terzo lungometraggio, Silenzio!, abbiamo avuto il piacere di chiedere al regista Teddy Lussi-Modeste qualche dettaglio circa la realizzazione del progetto, durante un’intervista esclusiva.

Prendendo spunto dalla sua esperienza personale, Teddy Lussi-Modeste torna dietro la macchina da presa per realizzare un’opera sentita, importante e potente. Silenzio! narra le vicende del giovane professore di lettere, Julien (che ha il volto di Francois Civil), alle prese con una grave accusa da parte di una delle sue studentesse.

Nel corso della narrazione, lo spettatore viene sempre più immerso e avvolto da questa girandola di eventi, dentro il quale lo stesso protagonista è risucchiato. Ne va ovviamente della sua vita, pubblica e privata, mentre cerca di portare avanti il suo lavoro di docente, al quale tiene particolarmente e ha dedicato tutto se stesso.

La pellicola, distribuita in sala dal 27 febbraio da No.Mad Entertainment, conduce a riflessioni e discussioni di grande valore e urgenza. Per saperne qualcosa in più, leggete la nostra intervista esclusiva a Teddy Lussi-Modeste, qui al suo terzo lungometraggio.

Silenzio! Intervista a Teddy Lussi-Modeste

Quando ha deciso di voler raccontare questa storia?

La scrittura di questo film è iniziata più di 5 anni fa. Eravamo bloccati su un altro progetto con Audrey Diwan, la mia co-sceneggiatrice. Allora abbiamo visto il nostro agente comune che ci ha suggerito di scrivere questo film. È così che è nato Silenzio!.

Quale è stata la sfida più grande da affrontare?

Per quanto riguarda la scrittura, forse la sfida più grande è stata quella di concedersi il diritto di realizzare una finzione per raccontare una storia che fosse più forte possibile. Bisognava assolutamente dare a ciascuno dei personaggi di questo film una complessità per ragioni etiche ed estetiche. Per quanto riguarda il film, era fondamentale che François Civil riuscisse a interpretare il personaggio di questo professore distante dalla sua personalità, ma anche riuscire a dirigere un intero gruppo di adolescenti che erano alla loro prima esperienza cinematografica.

Il cinema e l’insegnamento

Cosa pensa del potere e della responsabilità che può avere il mezzo cinematografico?

Voglio citare una frase di Raymond Carver che mi ha colpito. Vado a memoria: «Raccontare una storia è far passare delle informazioni da un campo all’altro». Io ci credo. In ogni caso, è quello che fanno i film che contano per me, i film che mi hanno fatto venire voglia di fare cinema.

Scuola e cinema sono due campi fertili per l’insegnamento. Crede sia possibile creare un sentiero comune da percorrere anche per sensibilizzare su alcuni temi?

Sì, è possibile. Anche se non mi fido molto nei film che vogliono dimostrare qualcosa. Non credo che i film debbano essere creati pensando al dibattito che susciteranno. C’è altro che prevale durante la creazione. Credo che a predominare debba essere la volontà di raccontare qualcosa che ci lega alla nostra umanità.

Una scena di Silenzio! (Foto: Ufficio stampa) – Newscinema.it

Che tipo di esperienze scolastiche ha avuto da studente e chi le ha fatto scoprire di avere questa vocazione?

Ricordo che avere un libro in mano era un atto provocatorio per alcuni membri della mia famiglia. Sono nato in una famiglia gitana – tra l’altro dal lato di mio padre, sono zingari che sono passati per l’Italia, dei Sinti Piemontesi. Avrei dovuto lasciare la scuola molto presto e andare a lavorare con mio padre nei mercati. È stato grazie a un prete che si occupava degli zingari a Grenoble che sono riuscito ad andare alle medie. Questo è stato il primo ostacolo da superare.

Il secondo è stato trasferirmi a Parigi per iscrivermi ad una scuola di cinema perché si può andare via da casa solo quando ci si è sposati… Durante tutto il mio percorso ho incontrato insegnanti straordinari. Quando ho iniziato a scrivere questo film, mi sono chiesto se fossi stato alla loro altezza… Ricordo anche che da bambino, guardando serie e film americani, vedevo delle persone molto belle nei campus, che vivevano la loro «best life». Quello era il luogo dove anch’io volevo andare a vivere e sapevo che il segreto di questa possibilità era racchiuso nei libri.

Quanto si somigliano e si differenziano il Teddy Lussi-Modeste docente e quello regista?

È difficile a dirsi… bisognerebbe chiederlo ai miei studenti e ai miei collaboratori… non avranno la stessa impressione… I primi sono adolescenti, gli altri adulti… Ad ogni modo, cerco di essere un divulgatore, un intermediario… Anche se sono consapevole che la meritocrazia è un po’ incriccata, cerco di trasmettere l’idea che è possibile sfuggire ai determinismi.

La scelta dell’attore protagonista

Come è nata la collaborazione con Francois Civil?

Ho pensato a François Civil durante le ultime fasi di scrittura. Ci siamo incontrati, gli ho parlato del mio percorso, lui mi ha raccontato il suo e poi gli ho dato la sceneggiatura. Prima di andare via, mi ha detto che i suoi genitori erano stati insegnanti. Ho pensato che questo incontro iniziava bene. François Civil porta il film. Visto che è un film aspro, avevo bisogno di un attore solare. Il paradosso con François è che è una star molto identificata ma si possono proiettare su di lui tutti gli universi possibili. Lo spettatore si identifica facilmente. Questo deriva dal suo lavoro ma anche da un’empatia che provoca immediatamente.

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Una scena di Silenzio! (Foto: © Kazak Productions – Frakas Productions – France 3 Cinéma) – Newscinema.it

Teddy Lussi-Modeste spiega nell’intervista come ha creato un thriller così attuale e avvincente

Come hai lavorato invece sul tema musicale e sulla resa dell’atmosfera?

Il film prende la forma del thriller – un thriller che non smette di tendersi fino all’esplosione finale. La minaccia doveva sentirsi, sia intorno a Julien che dentro di lui. Ogni passo nei corridoi della scuola, ogni sguardo, ogni dito alzato, dovevano diventare un potenziale passo falso, una violenza. Tutti quei gesti prima banali, come salutare qualcuno o uscire dal liceo, dovevano essere caricati di tensione.

Per quanto riguarda l’estetica del film, volevo lavorare sui cambiamenti di luce all’interno di ogni piano per introdurre una estraneità. Come se il tempo stesse impazzendo e trasmettesse le emozioni dei personaggi. Volevo far vivere le inquadrature utilizzando una luce mobile e molteplici personaggi. L’idea era quella di moltiplicare all’interno del inquadratura il numero di sguardi discordanti. Ci doveva essere una sorta di agitazione all’interno dei piani.

Per quanto riguarda la musica, Jean-Benoît Dunckel, cofondatore del gruppo Air, è intervenuto dopo un primo montaggio. Avevamo inserito delle musiche che non erano destinate ad essere la musica del film ma che potevano dare alcune atmosfere. Gli ho parlato del mio gusto per le chitarre shoegaze. Ci sono alcune chitarre nella musica che ha composto ma si è orientato più verso dei suoni elettronici. E sono contento che abbia lasciato parlare la sua sensibilità. Ha capito che doveva cercare tensione ma anche lirismo.

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