Ennesima rilettura del classico di Charlotte Brontë, Jane Eyre di Cary Fukunaga si distingue dalle precedenti per  l’atmosfera dark, derivante da una scelta della sceneggiatrice Moira Buffini, grande estimatrice del romanzo.

L’innovazione di questo film è sicuramente la struttura temporale della narrazione: il film inizia con Jane ( Mia Wasikowska) che fugge dalla residenza dei Rivers, per tornare a Thornfield Hall da Mr. Rochester (Michael Fassbender). Grazie ad una serie di flashback, veniamo a conoscenza dell’infanzia trascorsa nella casa della zia Reed, all’istituto Lowood e infine della scoperta dei sentimenti a Thornfield Hall.

A differenza del precedente capolavoro di Franco Zeffirelli, che raccontava la storia di Jane partendo dall’infanzia, dedicando meno attenzione alla nascita di un sentimento a lei  sconosciuto come l’amore, grazie alla sceneggiatura della Buffini assistiamo all’emozione dei sentimenti. Fukunaga, alla sua seconda regia dopo Sin Nombre, sceglie di ambientare l’azione dei personaggi in un’atmosfera piuttosto thrilling e cupa, in linea con i sentimenti che prova Jane lontano da Thornfield, mentre i ricordi legati alla nascita dell’amore fra lei e Mr. Rochester sono inondati di luce, spesso crepuscolare, e pieni di fiori. Il buio cala di nuovo quando, il giorno del matrimonio, Jane si sente tradita.

Straordinaria la capacità di Michael Fassbender, monopolizzatore delle produzioni cinematografiche della stagione appena iniziata, di calarsi nel ruolo di questo lord byroniano, come in qualsiasi altro, con una semplice modifica ai caratteri del volto. La Wasikowska invece, molto giovane e alle prese con un ruolo piuttosto difficile, non regge il confronto con la precedente interprete di Jane Eyre, ossia Charlotte Gainsbourg, risultando piuttosto scialba. Judi Dench, nei panni di Mrs. Fairfax, è senza dubbio il personaggio più di cuore e azzeccato di tutti. Una scelta classica e patinata in ambito fotografico, correda il tutto, ma il tentativo di dare un taglio moderno ad un classico intramontabile come questo, naufraga decisamente, dando vita ad un film ibrido, che non riesce a correlare la particolare struttura narrativa con i legacci ottocenteschi della storia originale.