Montaldo cerca di raccontare l’estrema disperazione di uno di quei numerosi imprenditori italiani alle prese con la crisi dei nostri tempi, abbandonandosi forse ad un ritmo lento soprattutto nella prima parte del film. Il freddo grigio utilizzato come filtro della componente visiva di tutto il film sembra soffocare sia i personaggi che la storia, rendendo il tutto troppo piatto e lento, anche a causa di dialoghi scontati, ripetitivi e poveri di originalità. Favino e Crescentini recitano molto bene e sembrano calati nei rispettivi ruoli, ma la struttura narrativa non li sorregge e fa perdere le loro interpretazioni nello stesso grigio che investe la città in cui vivono. Sicuramente “L’Industriale” vuole essere un film che pone l’attenzione su un tema importante, ovvero la terribile crisi economica che ha invaso l’Italia nell’ultimo periodo storico. Migliaia le manifestazioni e i picchetti di fronte alle fabbriche mostrate ogni giorno ai telegiornali e , Montaldo, è partito da questa base di realtà per raccontare la crisi vista e sentita da un singolo individuo. Una crisi intima proiettata sul grande schermo, che però arriva allo spettatore solo nella parte finale in cui senza troppe parole si raggiunge un discreto impatto emotivo. Infatti la crisi non è abbastanza protagonista della storia, ma diventa un leggero contorno che manda solo un messaggio debole, reso sullo schermo soltanto da qualche ripresa fugace di operai accampati davanti ad una fabbrica o qualche bandiera rossa disposta qua e là.
Montaldo ha le giuste intenzioni ma non realizza il film in relazione all’idea. Ne risulta un prodotto sostanzialmente noioso e statico, con un cast notevole, ma poco pericoloso per la società.
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