Marco Baliani al Teatro Valle Occupato in “Scrivere con il corpo”

 

 

Marco Baliani, insieme a molti artisti e lavoratori dello spettacolo, sostiene la lotta del Teatro Valle Occupato partecipando alla sperimentazione insieme artistica e politica che stiamo costruendo nell’occupazione. È possibile immaginare un dispositivo in cui il potere amministrativo e quello immaginativo non si concentrino nella stessa persona? È possibile mantenere l’autonomia dell’artista, tutto l’arbitrio creativo, entro una dimensione collettiva?  Sono tutti invitati ad imbracciare gli strumenti creativi del valle e ad armare le proprie intelligenze, a partecipare provando a inventare qualcosa che ancora non esiste. Marco Baliani da anni sperimenta in teatro nuove forme di scrittura e di narrazione. Dunque tre giorni per condividere un momento aperto e condiviso di ricerca dentro la scrittura teatrale e insieme costruire un modo nuovo di fare teatro e praticare la cittadinanza attiva.

LABORATORIO: “Percorsi del corpo tra racconto orale e racconto scritto” Lunedì, Martedì e Mercoledì dalle 15.30 alle 19.30

Il seminario affronterà il rapporto tra corpo e scrittura lavorando su testi letterari e teatrali mettendo al centro la sensorialità corporea e quindi l’idea di un corpo narrante. Possono parteciparvi un massimo di 20 interessati, mentre il pubblico fino ad esaurimento posti. (per info e prenotazioni: navescuola.tvo@gmail.com)

SPETTACOLO  “Ho cavalcato in groppa ad una sedia” di e con Marco Baliani. Mercoledì 30 alle 21.00

«Dopo ventun anni voglio provare a narrare i pensieri e le riflessioni che mi hanno accompagnato in questo lungo tragitto. Ho scelto, da tanti diari e taccuini di viaggio riempiti in questi anni i frammenti rappresentativi di un percorso di ricerca che ancora non si è esaurito».

Lo spettacolo si compone di letture tratte dall’omonimo libro, inframmezzate da racconti, digressioni, riflessioni. Il tema è l’arte del raccontar storie, ma anche la capacità di ascoltarle. Non vuole però essere un manuale del come si fa, piuttosto è un personale viaggio, che è durato vent’anni, dentro l’oralità e il racconto.