Film a carattere fortemente indipendente, nel quale ritroviamo anche Fabrizio Rongione (nei panni del capo dei banditi), Massimo Popolizio (il Boss) ed la partecipazione di Claudia Pandolfi nei panni di Simona, moglie di Sergio. È stato realizzato con non più di 300mila euro e senza il sostegno dei canonici Rai Cinema e Ministero dei Beni Culturali, riesce a catturare l’attenzione dello spettatore per tutti i suoi 83’ minuti, resistendo egregiamente nello stile, in bilico però tra il film di genere e punte di natura drammatica, nella quale il regista (e sceneggiatore) ha voluto entrare in profondità nei personaggi, analizzandone background e retroscena. Un’opera prima non facile da trovare nel panorama del cinema italiano, sicuramente di qualità, un prodotto trasversale che uscirà, il prossimo 3 febbraio, in una ventina di copie nel Circuito Cinema.
Il trailer ufficiale:
Come è nato il progetto? È stato presentato a qualche festival?
Emiliano Corapi: il film è andato a tantissimi festival, sia italiani che internazionali. Ha vinto il premio della giuria a Annecy dove Vinicio ha vinto il premio per la migliore interpretazione maschile. il film nasce da un articolo di giornale letto tanto tempo fa nel quale la criminalità organizzata si organizzasse mediante corrieri, la cosa che mi ha colpito era il fatto che le persone interessate non fossero criminali ma si ritrovassero immischiati in casi gravi come questo. È stato un progetto rimasto a lungo nel cassetto ed ho avuto il tempo necessario per elaborarlo. Volevo fare un film di tensione che non fosse puramente di genere, volevo raccontare anche la drammaticità ed anche la vicenda profondamente umana che ho voluto mettere in scena. il tipo di film che mi interessava di più doveva avere uno spessore drammatico. il messaggio è quello dell’avere la necessità di rimanere integri, tema sfruttato molto in letteratura e cinema ma mi sembrava molto attuale specialmente nel periodo che stiamo vivendo nel quale ci troviamo a fare scelte sbagliate che molto spesso non rispecchiano quello che siamo. fare le scelte corrette sta diventando sempre troppo poco conveniente, faticoso e penalizzante, come capita ad Alberto, che non adotta escamotage e paradossalmente si trova proprio per questo a fare un salto del fossato per così dire, molto più grave rispetto a quello che avrebbe potuto fare nella sua azienda. è una storia di persone che si trovano ad affrontare delle scelte in un momento di difficoltà e che poi dovranno far fronte ad un disastro enorme.
Come è riuscito a mischiare le due anime del film, quella di genere e quello a tematica drammatico/sociale?
Perché la scelta del ligure?
Emiliano Corapi: Il personaggio doveva essere del nord, in quanto il racconto verte su un viaggio andata e ritorno. pensavo che lui dovesse tornare ed andare più su rispetto alla propria abitazione, quindi la Liguria capitava ad hoc.
Cosa pensa del cinema di genere in Italia? Ad esempio è uscito in questi giorni ACAB in questi giorni che è andato molto bene.
Emiliano Corapi: io ho detto che non funzionano a mio avviso i film che non sono puramente di genere, ad esempio ACAB va oltre l’aspetto del poliziesco, anzi affronta una tematica molto importante. intendevo dire che un film di pura tensione come può essere sviluppato in America, non farebbe successo. ecco perché ho voluto legare l’aspetto del poliziesco con il tema drammatico. ho fatto un film di genere quindi non direi assolutamente questo ma per questo mio primo lungo ho scelto una strada diversa.
Come vi è venuto in mente questo intreccio dei due protagonisti?
Daniele Liotti: Quello che mi ha colpito del personaggio è proprio la frustrazione che lo contraddistingue. un personaggio che sta facendo un viaggio. Alberto potrebbe essere quasi una proiezione di Sergio, ed in lui vede il prossimo passo, quello che non vuole compiere, la situazione alla quale non vuole arrivare. L’impatto con la realtà ovviamente gli arriva con l’omicidio, gesto estremo che non può recuperare ma almeno tenta, da persona comune che ha sbagliato strada, di recuperare sé e la sua famiglia.
Ho letto in rete che è uscito un articolo sul film sull’Hollywood reporter in cui si diceva che il plot è pressoché perfetto e che sarebbe ottimo per un remake, avete ricevuto qualche proposta?
Andrea Petrozzi (produttore, Marvin Film): in realtà è andata che il film è stato visto a Montreal, è uscito questo articolo sull’H R ed in effetti siamo stati contattati da una produzione americana per i diritti di remake ma siamo ancora in attesa.
Per Marchioni. Nell’interpretazione c’è lo sforzo di scomparire per far comparire l’italiano medio, protagonista del film, è stato impegnativo per lei?
La storia per voi rappresenta la crisi dell’uomo o quanto l’uomo possa riscattarsi da una situazione al limite, come quella in cui si ritrovano i protagonisti?
Emiliano Corapi: Io credo che quando si fa un film lo scopo principale è quello di arrivare ad un buon prodotto. I contenuti che devono stare dentro una storia sono un elemento ma non credo sia il punto di partenza. Quando uno fa un film usa dei temi e se riesce a svilupparli in una maniera migliore è già un buon risultato. Per me raccontare una storia che possa essere emozionante è già un buon obbiettivo.
Vinicio Marchioni: Mi ha colpito il fatto che questa è una storia di due persone assolutamente normali. Di uno si sa un pochino di più, del suo background, di quello interpretato da daniele si sa molto meno anche a livello di scrittura e questa cosa mi sembra enorme a livello di sceneggiatura, nei film ultimamente si dice tutto, si descrive alla perfezione. Si racconta una piccolissima parte dei due protagonisti principalmente per introdurre lo spettatore a mettere del suo. Tutto questo sostenuto da una cifra irrisoria, di 300mila euro, una cosa incredibile, un dato di fatto in un periodo come questo. Sono tutte motivazioni per cui sono orgoglioso di avere fatto questo film.
Vinicio Marchioni: questo film è fatto su persone normali. Con pochissimo si racconta di un uomo che è arrivato al limite, costretto da tante disgrazie a buttarsi in questo risvolto. Non è poi così tanto lontano da noi.
Daniele Liotti: il mio personaggio vive al ciglio della paura, mentre quello di Vinicio ci arriva in un crescendo, lui è già consapevole della situazione in cui si ritrova. La storia ha il merito di tenere incollato lo spettatore alla sedia e senza tutti quegli effetti speciali che contraddistinguono le grandi produzioni, bensì con i pochi soldi che avevamo a disposizione. Questo traspare la buona volontà di tutti quanti di voler tirare fuori un prodotto di qualità come questo.