Dopo il successo di Shame con Michael Fassbender, che affrontava lo stesso problema in chiave del tutto drammatica, Blumberg sceglie di raccontare questo tipo di dipendenza con il sorriso, cercando di delineare la diversa emotività dei personaggi, portando sullo schermo una storia divertente e frizzante, seppur con qualche momento prettamente drammatico. Una commedia attraversata dall’amarezza, come l’ombra che aleggia su un drogato,sempre pronta a prendere il sopravvento non appena quest’ultimo abbassa la guardia e torna nel tunnel. Nel XXI secolo sono tante le dipendenze dalle quali ci si deve tenere lontani, e questo film racconta in toni mediamente leggeri la difficoltà di uscire da quella condizione e, soprattutto il tentativo di reintegrarsi e costruire un rapporto con le persone intorno. La dipendenza di Blumberg diventa una sorta di catalizzatore dei rapporti umani, sottolineando l’importanza dell’amicizia che permette ai protagonisti di sentirsi più forti insieme, aiutandosi a vicenda per raggiungere un unico scopo.
“Dichiarare di avere un cancro suscita compassione, mentre se ammetti di essere sesso-dipendente vieni solamente giudicato“. Questa frase di Mark Ruffalo nel film racchiude perfettamente il messaggio che ha voluto lanciare il regista con questo film, per abbattere il muro del pregiudizio e della facile ironia che l’argomento spesso comporta.