Venezia 69: The Master, la conferenza stampa

Si è tenuta questa mattina la conferenza stampa di uno dei film più attesi di questa 69esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia: The Master. Diretto da Paul Thomas Anderson e interpretato da Amy Adams, Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Jesse Plemons e Laura Dern, The Master racconta due storie, quella del reduce di guerra con problemi di alcolismo Freddie Quell (Joaquin Phoenix) e quella del carismatico intellettuale Lancaster Dodd (Philip Seymour Hoffman), volto alla creazione di una organizzazione basata sulla ricerca del senso della vita. Potete trovare qui sotto le domande poste dalla stampa internazionale a Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Joanne Sellar e Paul Thomas Anderson.

Può raccontarci le modalità attraverso cui costruisce un film?


Paul Thomas Anderson: Gran parte del lavoro viene svolto in sala di montaggio dove si eliminano le parti che non vanno bene e si costruisce la storia nel modo più interessante possibile. In ogni caso la narrativa principale del film rimane legata ai due personaggi della storia.

Tom Cruise e Scientology si sono irritati per la realizzazione di questo film. Che rapporti ha ora con Tom Cruise?


Paul Thomas Anderson: Ho già fatto vedere a Tom Cruise il film e il resto della storia resta tra noi due.
Quanta libertà avete avuto per costruire questa storia?


Philip Seymour Hoffman: Paul da molta libertà di scelta, è un  fan dei suoi attori e vuole che siano responsabili delle loro azioni. Il film è il risultato di una lunga discussione tra noi e Paul.
Che cosa vedono l’uno nell’altro i due personaggi?


Philip Seymour Hoffman: Si identificano l’uno con l’altro e vengono da luoghi diversi. Sono ambedue selvaggi e vogliono addomesticarsi in un qualche senso. Insegnano agli altri come reagire ma vogliono rimanere selvaggi. Questa è la vita. Molte volte desidereremmo avere la libertà di fare di tutto ma non è possibile.
Come ha costruito il suo ruolo?


Joaquin Phoenix: Sinceramente non penso di aver mai avuto libertà creativa. Non so proprio da dove provenga il mio personaggio.

Come mai ricorre spesso nei suoi film il rapporto padre-figlio?

Paul Thomas Anderson: Ogni volta che realizzo un film nuovo mi dico sempre che sarà diverso da quello precedente. Questi due personaggi non sono padre figlio ma sono all’interno di un rapporto complesso ed emozionante.
Questo film è stato realizzato in 70mm, come mai ha scelto questo formato?


Paul Thomas Anderson: Ci hanno suggerito di girare con questa enorme cinepresa, a noi è piaciuta e alla fine la abbiamo utilizzata. Forse questa camera andrebbe usata per i film epici ma alla fine il risultato è ottimo.

Come mai avete scelto Joaquin e Philip?


Paul Thomas Anderson: Sono contento che Joaquin abbia partecipato a questo film. E Phil ormai mi aspetto faccia sempre film con me. La stessa cosa vale per Amy, sono un suo fan, doveva essere qui ma purtroppo è impegnata a Broadway. È una attrice bravissima e anche molto bella.
Nei suoi film c’è sempre l’ideologia americana. Ricorre anche questa volta?


Paul Thomas Anderson: Non so se abbia a che fare con l’America, la storia potrebbe essere ambientata ovunque. Il fatto che sia ambientata in America mi da un punto in più ma gli stessi personaggi avrebbero potuto essere inseriti in qualsiasi altro posto. C’è un mentore e c’è un seguace, c’è un legame e una rottura del rapporto. Non ci vedo nessun aspetto sociologico che rappresenta l’America.

Philip Seymour Hoffman: Conosco Paul come regista e come persona, è un amico e lavorare con lui è sempre un grande onore. Noi sappiamo come lavorare insieme e come dare il meglio. La nostra amicizia viene sempre prima di tutto.
Joanne Sellar: Phil è stato molto coinvolto in tutte le fasi della produzione, senza contare che Joaquin è stato perfetto per questo film.
Lei è un regista nervoso, girare questo film è stata un impresa ardua quanto i suoi precedenti film?


Joanne Sellar: Paul non è nervoso, è un regista con il quale amiamo lavorare. Userei termini diversi per descrivere Paul e la realizzazione dei suoi film.
Paul Thomas Anderson: Ogni film è diverso, ci sono momenti felici e anche momenti molto difficili. All’inizio le cose sono andate benissimo, poi ci sono stati momenti peggiori, non è mai facile raggiungere qualcosa di buono. Amo fare film, mi sento pieno di energia e mi diverto moltissimo a realizzare un’opera cinematografica. Senza contare che è un fantastico privilegio lavorare con questo cast.

Il suo precedente film ha parlato della crisi economica, The Master anticipa una crisi della fede?


Paul Thomas Anderson: Non ho fatto una grande ricerca su questo argomento. Non cerco mai di anticipare qualcosa che verrà. Le crisi spirituali si sono verificate da quando esiste la spiritualità credo. Bisogna avere una storia sulla gente, sulle persone, queste sono le cose su cui si può lavorare. Le altre cose francamente sono un po’ di fantasia.
Ci può dare una spiegazione della scena nella prigione?


Paul Thomas Anderson: Quello utilizzato era un gabinetto storico, un monumento. Quando hanno sentito che lo avevamo rotto si sono veramente irati, inoltre potevamo farla solo una volta quella scena. Purtroppo per loro, essendo un pezzo unico, non avranno mai un altro esemplare come quello.
Il sonoro è fantastico. Come ha scelto la musica?


Paul Thomas Anderson: Lavorare con Jonny Greenwood è fantastico. Abbiamo stretto una grande amicizia. Lui ha scritto dei pezzi che erano assolutamente perfetti per il film.