Venezia 72 – Intervista a Cary Fukunaga: “Troppo faticoso girare True Detective!”

Ha diretto gli splendidi Sin Nombre e Jane Eyre e ha sviluppato una serie tv del calibro di True Detective. Stiamo parlando di Cary Fukunaga, uno dei migliori registi, sceneggiatori e produttori degli ultimi anni. Arrivato al Lido per presentare in concorso alla 72° edizione della Mostra del Cinema di Venezia lo spettacolare Beasts of No Nation, adattamento cinematografico dello struggente romanzo di Uzodinma Iweala, Cary Fukunaga ci ha rivelato come sceglie i progetti, il suo rapporto con True Detective e perché ha deciso di raccontare la struggente storia del bambino soldato Agu.

Quale è il suo rapporto con la tecnologia?

I social media sono cambiati nel corso del tempo, oramai la loro funzione principale è quella di promuovere qualcosa. Personalmente cerco di tenere la tecnologia fuori dall’immagine perché il mio interesse principale è concentrare l’attenzione sui personaggi e sulle loro emozioni.

Come sceglie i soggetti da trattare e cosa l’ha colpita di questa storia?

Non lo so precisamente. Ho cercato di capire perché rimango affascinato da certi soggetti. Probabilmente mi interessa la complessità di alcune storie e la sfida di descriverle in un’opera. Il film racconta una realtà da cui è impossibile scappare e che ovviamente va al di là delle mie esperienze. E’ una realtà che mi affascina sin dal college. Mi spezza il cuore pensare che in questo preciso momento tanti bambini stiano perdendo l’innocenza.

Dopo Beasts of No Nation tornerà a dirigere True Detective?

Quando il mondo è impazzito per True Detective ero già in Africa per girare Beasts of No Nation. Sinceramente preferisco seguire lo show come produttore e non come regista. Quando giravo quel telefilm avevo una stanchezza talmente grande che non avevo la forza di parlare. Preferisco dedicarmi ad altro…

Quali sono le difficoltà di dirigere dei bambini in un film così violento?

Le difficoltà ovviamente sono tante. Il protagonista non aveva mai lavorato in un film e non poteva capire il contesto di ogni scena. Cercavo di spiegargli cosa fare e lui imparava velocemente. Ma sul set ci divertivamo anche molto, ad esempio durante le riprese di una delle scene più dure del film la sfida più grande era non ridere. E poi la sera mostravamo alla crew le scene girate spiegando ogni volta che, nonostante il tema forte, stavamo girando un prodotto di finzione.

Perché ha scelto di dirigere un’opera per Netflix?

L’emozione di vedere un’opera in una sala buia è inarrivabile, ma ormai la tecnologia è cambiata e sempre più persone seguono film e serie tv su pc, telefoni, tablet e tutto il resto. Grazie a Netflix 65 milioni di persone avranno l’opportunità di vedere Beasts of No Nation. E poi chi vorrà potrà anche vederlo al cinema. Questo è l’inizio di quella che possiamo definire una vera e propria era cinematografica democratica.