Attacco al potere 3 – Angel Has Fallen, la recensione del film

Dopo una vita spesa nei servizi segreti e gravato da un equilibrio psicofisico messo negli anni a dura prova da un lavoro sempre (e oltre) ai limiti, Mike Banning (Gerard Butler) è giunto forse a un bivio, e si trova a decidere se accettare o meno la prestigiosa carica di presidente dell’agenzia d’intelligence americana. Una decisione da prendere tenendo da conto le esigenze della sua carriera, della famiglia e quelle dell’uomo, usurato nel corpo e nella mente da un’attività che mette sempre a dura prova i precari equilibri umani. Ma nel bel mezzo della scelta, e nel bel mezzo di una sessione di pesca e di confidenze molto intime proprio con il Presidente degli Stati Uniti Allan Trumbull (Morgan Freeman) Banning dovrà sventare il tentativo di assassinio del presidente stesso e contrastare un attacco terroristico di droni che minaccia la sicurezza dell’intero Paese.

Divenuto poi capro espiatorio di un complotto ordito molto in “alto”, Banning dovrà giocarsi infine il tutto per tutto, e trovare sostegno anche in quel padre ritiratosi a vita quasi ascetica tra i monti, ma che condivide con lui tutte le ombre di un mestiere che non lascia tanto spazio all’immaginazione ma è sempre piuttosto fermo dinanzi alle tragiche immagini di una cruda realtà (violenza, complotti, morti), ovvero il tavolo da gioco dei poteri forti.

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“Sono i momenti in cui lottiamo che ci definiscono”

Per il terzo capitolo della saga, Ric Roman Vaugh prende le redini della regia e confeziona Attacco al potere 3 – Angel Has Fallen, un film che si attesta come il classico (ma perfino troppo) film d’azione con tutti i crismi e gli scontri a fuoco (e non) del caso, senza limitazioni di sorta. All’interno di una narrazione che qui vorrebbe evidenziare le contraddizioni del superuomo attraversato comunque da tutte le debolezze di un particolare momento della sua vita, dovute anche a un lavoro profondamente logorante, Attacco al potere non riesce però a spostare quasi per nulla gli equilibri della storia verso un lato del film forse più interessante ed intimista, che avrebbe potuto innervare l’azione con qualche emozione in più. E nei lunghi, eccessivi, e spesso ridondanti 114 minuti di film, a dominare è infine sempre la cruda azione tra confronti e combattimenti che sono copia carbone di altri mille film visti più o meno di recente.

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A farne le spese sono così anche le prove attoriali di un cast non solo di richiamo ma anche piuttosto performante, e che oltre a Gerard Butler e Morgan Freeman, include anche la presenza sempre incisiva di Nock Nolte nei panni del padre di Mike, Clay Banning.  Ed è forse proprio in questo rapporto padre figlio contrastato, controverso ma sincero che Attacco al potere avrebbe potuto e dovuto puntare con maggiore verve, per togliere un po’ di spazio alla mera azione e approfondire invece la dimensione intimista di un uomo profondamente combattuto e colto in flagrante nel bel mezzo di un suo conflitto umano e morale ancor prima che reale.