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Intervista a Fernando Barbieri, Presidente del KalatNissa Film Festival

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Dal 27 al 29 Giugno a Caltanissetta si svolgerà il KalatNissa Film Festival, il festival internazionale del cortometraggio 2013 e NewsCinema ha intervistato il Presidente Fernando Barbieri per conoscere qualche dettaglio in più sull’edizione di quest’anno e avere qualche anticipazione sul programma e gli ospiti attesi.

1) Come è nata l’idea di organizzare questo festival?

Il progetto del Kalat Nissa Film Festival nasce per la prima volta nel 2011, organizzatrice dell’evento è l’Associazione cinematografica e culturale “Laboratorio dei sogni”, che ha sede in Caltanissetta in via Cavour 44. Alla base dell’associazione sta un solido e coeso consiglio direttivo composto da Fernando Barbieri (Presidente), Laura Abbaleo (segretaria ed addetta alle pubbliche relazioni), Angelo Gueli (tesoriere e cineoperatore freelance), Ivana Abbaleo (consigliera), Rosaria Santagati (consigliera). L’Associazione Laboratorio dei sogni si occupa di attività culturali come cineforum, presentazione di prodotti editoriali, letture di passi d’autore, corsi di scrittura creativa, moduli tematici di cinematografia, letteratura, studio dei beni storici ed artistici del nostro territorio, fotografia, realizzazione di cortometraggi, video arte, ecc. Tra i nostri soci sono presenti talenti in diversi settori che spaziano da quello della musica e del teatro, a quello della fotografia e della cinematografia, ma anche del giornalismo e della letteratura. Inoltre, coloro che frequentano l’associazione sono soggetti che mostrano anche uno spiccato interesse per i viaggi e per l’organizzazione di eventi ricreativi e di sano svago. Così grazie alla spontanea condivisione di comuni interessi, la disponibilità al confronto ed il continuo desiderio di proporre nuovi spunti per le iniziative, è stato proposto dopo una lunga pianificazione un evento che è stato chiamato Kalat Nissa Film Festival come un omaggio alla città dove il progetto nasceva, cioè Caltanissetta nota in arabo con il nome di Qualat al Nisa che tradotto significa Castello delle donne.

2) Perchè a Caltanissetta?

Caltanissetta è la patria della nostra associazione, quindi era doveroso promuovere una manifestazione del calibro del Kalat Nissa Film Festival all’interno di una città così piena di entusiasmo e di talento. Non si dimentichi che l’attore Luigi Vannucchi era di questa Città ed inoltre, nel 1958 a Caltanissetta sono state girate delle scene del film “L’uomo coi calzoni corti” del regista Glauco Pellegrini con attori del calibro di Eduardo De Filippo, Alida Valli, Memmo Carotenuto ed Edoardo Nevola. Inoltre, l’Associazione ha proprio nelle sue finalità quella di far conoscere il territorio di Caltanissetta alle produzioni italiane ed internazionali, poiché il territorio si presta come bellissima location per produzioni cinematografiche.

3) Perchè avete scelto di concentrarvi sui cortometraggi? Pensa che i cortometraggi nel cinema italiano siano ignorati ?

La realizzazione di un cortometraggio per un videomaker soprattutto emergente rappresenta la prima opportunità per debuttare all’interno del mondo cinematografico, pertanto tra le produzioni video il corto  risulta il più versatile nel promuovere una logica di immediata fruibilità di un messaggio, con un budget più ristretto rispetto ad un film. Inoltre, il cortometraggio ha tutta un’altra logica rispetto ai veri e propri film o fiction a puntate. Anche la distribuzione dei cortometraggi è molto diversa rispetto alla distribuzione dei film, nel senso che non è possibile vedere al cinema in Italia la proiezione di cortometraggi. Il corto quindi è un prodotto che è bello valorizzare, perché ogni corto è come un distillato, prezioso ed intenso anche se apparentemente “corto”.

4) Come è stata scelta la giuria?

La giuria è stata attentamente scelta inserendo i migliori professionisti dei diversi campi del settore audiovisivo. Ognuno dei giurati contribuisce ad arricchire l’operazione della valutazione con il suo bagaglio di esperienza in un determinato campo, dalla regia, alla sceneggiatura, all’analisi della colonna sonora, alla critica cinematografica, alla valutazione del montaggio, della recitazione degli attori, della fotografia ecc. Alla base di ogni scelta che la giuria opera sta naturalmente la collegialità. I giurati che compongono la giuria del Kalat Nissa Film Festival: Maurizio Amici, Sandro Caiuli, Stefano Natale, Giancarlo Santi, Michele Sità, hanno dimostrato serietà ed impegno non sottovalutando nessun aspetto dei corti che hanno valutato e scrutinato. A volte si sono soffermati anche tanto prima di dare un responso definitivo, appunto perché ogni piccola sfaccettatura di un cortometraggio costituisce un aspetto importante. I giurati hanno esperienza cinematografica non solo per aver lavorato in Italia, ma anche all’estero ed hanno girato parecchie manifestazioni di questo settore.

5) Rispetto alla prima edizione quali cambiamenti ci sono stati e come valuta questa nuova edizione?

Quest’anno una novità che conferisce valore aggiunto al Festival è il Premio Alta qualità sonora, introdotto dal GTGS Gruppo tematico per la qualità sonora, unico premio in Italia che sarà assegnato al corto che risponderà ai requisiti audio di qualità sonora per la presa diretta. Inoltre, oltre alle categorie storiche del festival: Io diverso da chi?, Animazione, Straniero, Scuole, Cortissimo e Tema libero la nuova categoria di quest’anno “Gli occhi sul Mondo” è dedicata alle emittenti tv pubbliche e private. Questa terza edizione sarà nuovamente un Concorso, con la logica di un Festival cinematografico. Da Presidente ritengo di essere finora soddisfatto dei risultati che sta ottenendo il Festival. La manifestazione, infatti,  ha ottenuto anche quest’anno la certificazione di qualità Top Video dalla rivista nazionale bimestrale “Tutto Digitale”, un ambito riconoscimento, che mira a promuovere tutte quelle manifestazioni alle quali siano stati riconosciuti quei criteri di professionalità, correttezza, competenza e cortesia, che esige tale certificazione.

6) Qualche ospite interessante?

Tra gli ospiti del mondo dello spettacolo che aderiranno all’iniziativa nomi come il regista maestro Ugo Gregoretti, ed attori come Andrea Roncato, Sarah Maestri, Salvatore Lazzaro, inoltre artisti come Barty Colucci. Presentatori Rosaria Renna, Giovanni Nanfa ed Antonella Catanese.

7) Caltanissetta come accoglie questo evento?

Caltanissetta mostra sempre all’inizio una apparente diffidenza, che tuttavia devo riconoscere è stata superata, vista la partecipazione numerosa di pubblico alla manifestazione in tutti e tre i giorni. A Caltanissetta abbiamo talenti di alta qualità e che potenzialmente potrebbero essere maggiormente supportati. Anche i mezzi di informazione, compresi alcuni giornali online locali troppo spesso non valorizzano alcune iniziative, tenuto conto che invece, tante testate giornalistiche nazionali ed internazionali, come ad esempio in Ungheria riportano le notizie legate alla città ed anzi ne ricercano le iniziative e le enfatizzano promuovendole nei tempi giusti. Il Kalat Nissa film festival costituisce un progetto che potrebbe crescere e dare opportunità lavorative a tanti giovani e maestranze locali, anche se bisogna fare i conti con la realtà che ne argina i confini, poiché in primo luogo deve essere il territorio locale, che deve promuovere le proprie potenzialità; e promuovere un territorio significa anche avere il coraggio di investire su di esso, poiché in questi tempi i contributi pubblici sono veramente esigui e le iniziative devono trovare da sponsors privati i fondi per l’organizzazione di una manifestazione.

8) Oltre alla proiezione dei corti, ci saranno alcuni eventi collaterali di altra natura artistica, come eventi musicali, mostre o incontri di arte e cultura etc…?

Mostre di oggetti d’arte realizzati dagli studenti dell’Accademia di Belle arti di Palermo, all’interno di uno spazio espositivo per oggettistica vintage, interviste, workshop con il Maestro Ugo Gregoretti, con Maurizio Amici (Regista del programma “Chi l’ha visto”) ed incontri con personaggi del mondo del cinema e dello spettacolo come Giancarlo Santi (Regista del Film Il grande Duello) ed eventi vari come degustazioni di prodotti di eccellenza del territorio siciliano, una sfilata di Vespa storica, l’esibizione della Banda Musicale San PioX, della Corale Polifonica Don Milani di Caltanissetta, ecc.  faranno da cornice all’evento, come lo è stato per le edizioni precedenti. Direttore artistico della manifestazione è Giovanni Nanfa anche per l’edizione del Festival del 2013.

 

Il cinema e la scrittura sono le compagne di viaggio di cui non posso fare a meno. Quando sono in sala, si spengono le luci e il proiettore inizia a girare, sono nella mia dimensione :)! Discepola dell' indimenticabile Nora Ephron, tra i miei registi preferiti posso menzionare Steven Spielberg, Tim Burton, Ferzan Ozpetek, Quentin Tarantino, Hitchcock e Robert Zemeckis. Oltre il cinema, l'altra mia droga? Le serie tv, lo ammetto!

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Black Flies: l’incubo urbano di due anime che vagano in una cupa realtà | Recensione

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Black Flies recensione

La recensione di Black Flies – Newscinema.it

Abbiamo visto in anteprima Black Flies a Cannes 2023 ed ecco la nostra recensione.

Review 0
3.5 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Presentato in concorso al Festival di Cannes 2023, il lungometraggio diretto da Jean-Stéphane Sauvaire si sviluppa in 120 minuti e vede protagonisti Sean Penn nel ruolo di Gene Rutkovsky e Tye Sheridan in quello di Ollie Cross.

Basato sul romanzo di Shannon Burke I corpi neri (2008), segue la storia del giovane paramedico Ollie Cross, il quale accompagna la guardia medica notturna Gene Rutkovsky in giro per le violente strade di New York. Situazioni al limite della sopportazione umana e imprevisti dietro l’angolo, metteranno alla prova questi due professionali operatori medici, forgiando anche un legame che andrà oltre al normale rapporto tra colleghi.

Black Flies: un thriller compatto

Immediatamente esplosivo e compatto, il film inizia prosegue e si conclude seguendo una linea ansiogena che non lascia modo allo spettatore di concepirlo diversamente. Per tutta la sua durata, questo dramma dalle venature thriller investe intensamente tanto gli occhi quanto le corde emotive di chi guarda.

Ciò che ne esce è principalmente una connessione di anime differenti, capace di crescere ma anche incupirsi. Da un lato c’è un veterano, un mentore scheggiato da traumi ormai radicati nel profondo, mentre dall’altro troviamo la nuova recluta, il novellino che gli farà da partner, mosso da venerazione ed enorme stima nei confronti del capo medico.

Lavorare a testa bassa seguendo il classico percorso di formazione, studiando e imparando sul campo, questo è il destino che Ollie vorrebbe seguire, ma ahimè la vita a volte sceglie per te e lo stravolgimento di trama sarà all’ordine del giorno. Crude realtà, situazioni instabili, un’imprevista ondata di momenti stressanti. Il lungometraggio è capace di definire davvero bene le difficoltà di questo lavoro.

Tye Sheridan in Black Flies

Black Flies – Newscinema.it

Sean Penn e Tye Sheridan strepitosi

Sean Penn e Tye Sheridan risultano perfettamente calati nei panni dei loro personaggi ma ancor più riescono a rendere credibile quel profondo feeling che contraddistingue il rapporto. Varie meteore vagano attorno ad essi, come Michael Pitt dal temperamento impulsivo, carismatico e giustamente odioso e un Mike Tyson, inutilmente sprecato.

Esplicito visivamente e coraggioso nelle tematiche, affronta depressione e sensi di colpa incessanti, strattonandoti con poca gentilezza all’interno di una ragnatela narrativa che si sviluppa tra disturbi interiori. Luci intense, sirene persistenti e un impianto sonoro determinante che sfocia in vette assordanti, riportano allo spettatore il profondo disagio di Ollie.

Un incubo urbano

Se il ritmo da un lato dona identità e definisce un clima solido e ben caratterizzato, il film non si dimentica di controbilanciare, mostrandoci la pace e la calma in un contesto più intimo, riservato, quando Ollie entra in questo limbo staccato dal caos lavorativo, distraendosi nel silenzio dell’amore, tra carezze e silenzi che compensino la frenesia.

Sean e Tye sotto la mano di Jean-Stéphane Sauvaire, trovano dunque lo spiraglio giusto, quella finestra accessibile che li rende le mosche nere del titolo, insetti sporchi che vagano su un mondo di cupe realtà.

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Dall’alluvione in Emilia Romagna a Cannes 2023: il nostro viaggio impossibile on the road (VIDEO)

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alluvione Emilia Romagna

Dall’alluvione in Emilia Romagna a Cannes – Newscinema.it

Siamo partiti da Ravenna in macchina per raggiungere il Festival di Cannes 2023 e in questo vlog vi portiamo con noi in questa avventura.

Il 19 Maggio 2023 l’Emilia Romagna era nel pieno dell’alluvione e noi dovevamo partire da Ravenna per raggiungere il Festival di Cannes 2023. Ci siamo chiesti per giorni cosa fare perchè molte strade erano chiuse e noi avevamo programmato il viaggio in macchina che, in condizioni normali, si fa in circa sei ore e mezza.

Abbiamo deciso di tentare la sorte e provare in nome della passione per il cinema e per non perdere alcuni giorni di festival tra film, incontri con star e tanto altro. Così siamo partiti in tarda mattinata da Ravenna, cercando di raggiungere l’autostrada. E non è stato facile, come potete vedere dal vlog qui sotto.

Da un cinema trasformato in centro di acc0glienza a Cannes 2023

Siamo partiti in macchina la mattina del 19 Maggio 2023 per arrivare intorno a mezzanotte sulla Croisette dove poi siamo rimasti alcuni giorni per seguire il celebre Festival dedicato al cinema da ormai 76 anni. Il nostro viaggio è iniziato dal Cinema City di Ravenna, trasformato per l’emergenza alluvione in un centro di accoglienza per le persone evacuate e sfollate dai vari piccoli centri intorno alla città.

Un luogo che di solito regala emozioni ed è un rifugio dalla triste e stressante realtà quotidiana, questa volta è diventato un rifugio pratico e confortevole per coloro che avevano bisogno di un posto asciutto e sicuro dove poter sopravvivere e rimettere insieme i pezzi. Da lì abbiamo proseguito finendo in strade completamente sommerse, facendo marcia indietro più volte e provando altre vie per poter andare avanti.

Un viaggio infinito

Un’avventura ricca di imprevisti, pause forzate, traffico, pioggia ininterrotta…alla fine ce l’abbiamo fatta e sul canale YouTube MADROG CINEMA, come sui nostri profili Instagram e TikTok trovate varie foto e video della nostra esperienza a Cannes 76 tra impressioni sui film, incontri con star di Hollywood e tanto altro.

Se ti piacciono i video che trovi sul canale non dimenticare di iscriverti e attivare la campanella così sarai avvisato ogni volta che aggiungeremo un nuovo contenuto. Questo viaggio alla fine è andato bene, ma al posto delle sei ore e mezza previste normalmente per questo tratto ci abbiamo impiegato circa 12 ore. Però per il cinema questo e altro!

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Cannes 76: Killers of the Flower Moon, la degenerazione del gangster movie scorsesiano

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Una scena di Killers of the Flower Moon (fonte: Festival de Cannes)

Una scena di Killers of the Flower Moon (fonte: Festival de Cannes)

Negli ultimi trent’anni, Martin Scorsese ha indagato con il suo cinema i meccanismi, le dinamiche, gli accordi e le procedure attraverso le quali il crimine funziona come uno Stato dentro lo Stato, regolato da leggi non basate sul diritto ma su un codice specifico che si impara solo crescendo in quel mondo. Anche Killers of the Flower Moon, in un modo o nell’altro, parla di questo.

Cannes 76: Killers of the Flower Moon, la degenerazione del gangster movie scorsesiano
4 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Nella contea omonima dello Stato dove sono stati costretti a trasferirsi dal governo Usa, contrariamente alle altre tribù di nativi d’America, gli Osage sono diventati ricchissimi grazie ad un accordo che ha lasciato loro i diritti di sfruttamento del sottosuolo gonfio di petrolio. Questi nativi miliardari, scopriremo presto, non controllano però veramente il proprio patrimonio, che viene loro elargito con il contagocce dai «guardiani» bianchi sulla base di richieste motivate e documentate.

A Fairfax, la famiglia Hale fa il bello e il cattivo tempo, organizzando matrimoni di convenienza per accaparrarsi l’eredità degli Osage, ma anche imbastendo improvvisate frodi assicurative e depredando le tombe dei defunti. Insomma, dei ladri di polli la cui superbia, nonché la convinzione di essere antropologicamente superiori agli indigeni con cui convivono, li condurrà progressivamente, finanche inconsapevolmente (essendo gli assassini interessati solo al contingente, incapaci di avere contezza dell’insieme), allo sterminio di una popolazione. La banalità del male, declinata in tutta la sua rozzezza.

Una scena di Killers of the Flower Moon (fonte: Festival de Cannes)

Una scena di Killers of the Flower Moon (fonte: Festival de Cannes)

Con il procedere della narrazione, man mano che gli obiettivi della famiglia diventano sempre più sanguinosi e spietati, Killers of the Flower Moon comincia ad assumere le sembianze di un film di Scorsese: gradualmente mette lo spettatore nelle condizioni di riconoscere i movimenti, le soluzioni di montaggio, le inquadrature tipiche del suo cinema. E proprio la riconoscibilità di quel modello renderà evidente la sostanziale differenza tra i gangster che abbiamo conosciuto lungo tutta la sua filmografia e questi gretti e dozzinali arraffoni: la differenza tra forza e potere (capacità dell’uomo di determinare la condotta di altri uomini) e il dominio (la malattia del potere, la malattia della forza).

Tanto il capitale che il potere, quanto più si accumulano senza strutturarsi socialmente, tanto più tendono a scadere in dominio, a porre le condizioni per una realtà umana che risulta generalmente aberrante, inconscia violazione, dilapidare cieco, tragica efferatezza. Killers of the Flowers Moon rappresenta in questo senso la “sclerotizzazione” del modello scorsesiano, imponendosi come potere malato che pretende la dipendenza dei sottoposti, attraverso cui percepiamo la ferocia di ogni singola uccisione o azione criminale: la sua deliberata crudeltà.

Retrospettivamente, quindi, riconosciamo la violenza manifesta e illegale della mafia di Goodfellas o anche di The Irishman come qualcosa di rudimentale, approssimativo, rispetto a quella ideologizzata, agguerrita, sostanzialmente razzista, che viene esercitata nel film dai gruppi dominanti a scapito della popolazione indigena. Diventa così fondamentale l’aspetto “virale” di questa nuova opera, la morte come patologia ereditaria, che diventa contagiosa e si diffonde come un’epidemia nel villaggio, decimandolo nel giro di qualche anno. Il dominio è, in questo senso, un fenomeno parassitario, incapace di vita autonoma ma costretto a infettare, sfruttando le energie e gli apparati delle vittime, per sopravvivere e propagarsi.

Viene meno, in questo caso, anche la mitizzazione del “codice”, quel legame ancestrale, umano, profondissimo e silenzioso, che spesso ha legato i criminali di Scorsese ai loro boss, che mai, in alcun modo, venivano messi in discussione o traditi (emblematico in questo è proprio The Irishman). Quel rispetto delle regole, quel senso di riconoscenza che faceva accettare ogni ordine impartito, anche quelli più feroci e dolorosi, in Killers of the Flower Moon è praticamente assente, perché assente è il concetto di famiglia, di clan. Il rapporto che lega Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio) allo zio Ernest (Robert De Niro) non segue quelle logiche lì, perché a mancare è il senso di affiliazione e di appartenenza (che invece accomuna, in contrapposizione fortissima, la comunità Osage).

Killers of the Flower Moon | un affresco epico e corale

Da spettatori assistiamo all’esecuzione di un lunghissimo piano, tappa dopo tappa, lungo dieci anni. Lo osserviamo, come sempre avviene nei film di Scorsese, dal punto di vista degli aguzzini, di cui comprendiamo la mediocrità, la totale mancanza di capacità. Se DiCaprio è una semplice pedina degli eventi, abituato ad obbedire perché la ritiene la soluzione più facile e meno impegnativa, anche il “Re” (così viene chiamato dai suoi sudditi) De Niro si rivelerà, alla fine, troppo arrogante e sicuro di sé per rendersi conto dei tantissimi errori grossolanamente commessi, molto meno raffinato di quello che vorrebbe far credere.

Una scena di Killers of the Flower Moon (fonte: Festival de Cannes)

Una scena di Killers of the Flower Moon (fonte: Festival de Cannes)

In questo affresco epico e corale, che segue il passaggio di un decennio, il cambiamento dei costumi, l’evoluzione delle relazioni e delle tecniche di sopraffazione, Scorsese trova anche il modo di raccontare un’altra forma di potere, quella che ha a che fare con la capacità di reagire e la capacità di modificare l’inerzia: il potere del narratore, dell’avveduto e attento affabulatore. Tra i sensi estremi di possibilità, potenzialità e capacità di compiere, realizzare, è significativa quella radice che in alcune lingue fa coincidere il potere col generare e col creare.

Il modo in cui Scorsese sceglie di raccontare le ultimissime battute della vicenda dei suoi personaggi, mettendosi peraltro in scena in prima persona, sta lì a dimostrarlo. Il potere, quello della macchina-cinema e del regista che la conduce, deve agire mutualmente maieutico, anche alle maggiori dimensioni, tenere conto degli altri (delle vittime vere e di quelle del meccanismo narrativo) per non diventare anch’esso dominante, considerare anche la responsabilità dell’agire nei riguardi del pubblico. Il potere (nel senso di “essere capace di”, “capacità di azione”) in sé non è affatto negativo: la sua carica positiva dipende dalla sua capacità di aprirsi a comunicare. Come fa, ad esempio, un cineasta alla soglia degli ottant’anni, consapevole della sua potenza, della sua influenza, ma sempre impegnato in un dialogo autentico con gli spettatori.

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