LEONILDE. Storia eccezionale di una donna normale, la recensione

Ieri, nella splendida cornice del Teatro India, è andata in scena l’ultima replica di Leonilde. Storia eccezionale di una donna normale, per la regia di Roberto Andò ed interpretato da Michela Cescon, fresca di David di Donatello per il ruolo di Licia Pinelli in Romanzo di una strage.

In un monologo di cinquanta minuti, Sergio Claudio Perroni, che lo ha scritto, affida la parola a Leonilde (Nilde) Iotti , che, attraverso l’incontenibile energia della due volte premio Ubu Michela Cescon, racconta la sua giovinezza e la vita adulta al fianco di Palmiro Togliatti. Un testo intimo, scevro da qualsiasi giudizio politico, non nostalgico, ma piuttosto moderno e rivelatore di ciò che ha significato il pregiudizio nella vita della Iotti. Nata a Reggio Emilia nel 1920 e rimasta orfana del padre Egidio nel 1934, intraprende gli studi universitari presso la Cattolica di Milano. Nonostante la sua educazione cattolica, decide di iscriversi al PCI dopo aver visto, durante la Resistenza a cui prese parte attivamente, i primi morti ammazzati, tutti rossi. Schieratasi anche a difesa delle donne, nel 1946, candidata dal PCI, viene eletta nell’Assemblea Costituente. Nello stesso anno conosce e si innamora del leader comunista più in vista e potente dell’Occidente. Il primo incontro avviene in un ascensore di Montecitorio, i due si scambiano un sorriso freddo perché lui è sposato con Rita Montagnana, ritenuta dal partito la compagna adatta a Togliatti, per i meriti ottenuti durante la Resistenza, da cui ha avuto il problematico Aldo . Entrata a far parte della Commissione dei 75, incaricata di stilare la Costituzione italiana, e rieletta nel ’48 alla Camera dei Deputati, la Iotti era già diventata la compagna clandestina del leader comunista. Nonostante i suoi meriti e il suo valore come politico, la Iotti fu sempre considerata indegna dal PCI, tanto che alcuni dirigenti del partito sfruttarono il suo legame con il cugino Valdo, legato per parentela e per lotta di resistenza ai comunisti jugoslavi, per mettere in imbarazzo Togliatti ed inasprire il pregiudizio contro colei che consideravano spia del Vaticano, poi il tramite degli scismatici. Il legame tra la Iotti e Togliatti diviene pubblico nel ’48, quando lui viene colpito da quattro pallottole. Il partito è costretto a mandare giù due grossi colpi: l’attentato e il divorzio dalla Motagnana. Nilde rimane al fianco di Palmiro finché non lo colpisce un ictus che se lo porta via. Succede nel 1964 a Yalta. Dopo la morte di lui, Nilde inizia a ricevere tutti quei riconoscimenti politici che il partito le aveva sempre negato, durante la “clandestinità” e perché considerata un’intellettuale sofisticata poco a contatto con la realtà: è la prima donna a diventare presidente della Camera nel ’79, rimanendo in carica per tre legislature fino al ’92.

Una vita intensa quella vissuta da Nilde Iotti, di cui la Cescon, non nuova all’interpretazione di ruoli femminili forti, ci regala un’immagine moderna, energica, come sempre molto onesta e rispettosa del personaggio. Molto dinamica, Michela Cescon recita non solo con le parole, ma anche con il corpo in continua tensione, veicolo della sofferenza mista alla determinazione proprie della Iotti. La scenografia ripropone un’immaginaria aula di Montecitorio, delineata da sedie sospese in aria e cappelli disposti sul palco a semicerchio, in cui la Iotti si presenta seduta al centro, pronta a raccontare la sua vita senza la pretesa del rispetto nei confronti del personaggio, che infatti si presenta senza lo chignon e le perle d’ordinanza, ma con un solo obiettivo: far capire che il pregiudizio può fare molto male, ma la determinazione a contrastarlo con la propria natura è fondamentale per non soccombere.

Notizia di qualche giorno fa è che la Palomar di Carlo Degli Esposti ha comprato i diritti del testo di Perroni per lo sfruttamento audiovisivo. Un film ispirato a questo testo sarebbe un risultato molto interessante, sia perché presenta il lato personale di un personaggio politico  protagonista della nostra storia costituzionale, sia perché rappresenta uno spunto di riflessione sulle contraddizioni della sinistra italiana che ancora riemergono.